Wednesday, 18 December 2024
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Pubblicato il 18 December 2024 alle 07:00
Olbia. La lotta alle dipendenze giovanili è stata al centro di un significativo convegno tenutosi ieri mattina, 17 dicembre 2024, nella sala convegni del Museo archeologico di Olbia (leggi qui). L'incontro, organizzato nell'ambito del "Progetto Scuole Sicure", ha visto la partecipazione di autorevoli figure istituzionali e ha catalizzato l'attenzione della comunità locale su uno dei fenomeni più preoccupanti che coinvolgono le nuove generazioni.
Tra le presenze di spicco, particolare risonanza ha avuto la partecipazione straordinaria di Don Antonio Coluccia, il sacerdote noto per il suo impegno in prima linea contro le dipendenze e il disagio giovanile nelle periferie romane, che ha portato la sua preziosa testimonianza di lotta quotidiana sul campo.
Don Antonio Coluccia è un sacerdote pugliese che ha fatto della lotta alla criminalità e al degrado sociale la sua missione di vita. Alto, distinto, con occhi chiari che riflettono il mare, ricorda l'iconico Don Matteo interpretato dal noto attore Terence Hill, ma la sua storia è profondamente radicata nella realtà delle periferie romane che non di rado raccontano tragedie dello spaccio e delle overdose.
La scelta di indossare sempre la talare non è casuale, ma rappresenta una precisa dichiarazione d'intenti: come i poliziotti e i carabinieri portano la loro divisa quale simbolo di servizio alla legalità, così Don Coluccia porta l'abito talare come segno visibile della sua dedizione a Dio e al servizio del bene per la comunità.
Originario di Specchia, in Salento, prima di abbracciare il sacerdozio ha vissuto una vita di impegno sociale come operaio, sindacalista e presidente della Protezione Civile.
Oggi, la sua missione si concretizza nelle strade di Roma, dove, "armato" di rosario, ma anche megafono, o fischietto, o pallone, porta avanti un'autentica battaglia non violenta ma determinata contro lo spaccio e la criminalità organizzata. La fondazione dell'Opera Don Giustino, realizzata in un edificio confiscato alla banda della Magliana, rappresenta la perfetta sintesi del suo operato: trasformare ciò che era simbolo di illegalità in un faro di speranza per i più bisognosi.
Don Antonio Coluccia sbarca per la prima volta in Sardegna, nella sua missione contro lo spaccio e le dipendenze giovanili. Il sacerdote antimafia, conosciuto per il suo impegno nelle periferie romane, è giunto ieri al Museo Archeologico di Olbia, scortato dalle forze dell'ordine e con un pallone da calcio sotto braccio, simbolo dello sport come alternativa alla strada.
In una città in forte espansione economica come Olbia, il fenomeno della dipendenza da sostanze stupefacenti sta assumendo contorni preoccupanti. Il problema tocca sempre più gli adolescenti, con ragazzi di appena 14-15 anni che si avvicinano a cannabis e alcol, spinti dalla noia o dalla pressione del gruppo. Una tendenza allarmante che Don Coluccia è venuto ad affrontare, portando la sua testimonianza e il suo messaggio di speranza ai giovani della Gallura.
Il suo messaggio è chiaro e diretto: "Dobbiamo dire a questi ragazzi che la vita è il più grande dono che hanno. Devono amare la loro vita. La droga è il vero inganno della vita e questi giovani la perdono quando, nella ricerca di nuove emozioni, si rifugiano nella droga, nell'alcol o nel gioco d'azzardo. Voglio gridare loro che la droga è l'inganno, la vita è stupefacente. Ripeto è la vita ad essere stupefacente, non le sostanze!".
Il sacerdote insiste sull'importanza dell'impegno sociale e dello sport nella vita dei giovani: "È fondamentale che i ragazzi si impegnino nella società civile in cui vivono, anche in questa terra che ne ha tanto bisogno. Alla loro età è importante fare attività sportiva, perché lo sport è determinante nella crescita degli adolescenti. Nella mia esperienza ho visto tanti morti di overdose, li ho trovati per terra, ma non ho mai visto un drogato felice. Sotto l'aspetto religioso, la droga è l'eucaristia di satana".
Sul legame tra droga e criminalità organizzata, don Coluccia non ha dubbi: "Oggi la droga è il vero PIL della mafia e delle organizzazioni criminali. Questi soldi devono essere 'purificati' attraverso le attività commerciali. Olbia non è esente da questo fenomeno, lo dimostrano le operazioni delle forze dell'ordine e i quintali di droga sequestrati. Ringraziamo la Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza per tutto il bene che fanno ogni giorno in questi territori".
Parlando con la dolcezza e la fermezza di un vero educatore, don Coluccia affronta il tema delle motivazioni: "Dobbiamo capire cosa spinge i ragazzi all'uso di droghe, perché continuano a farlo." Poi, ricorrendo a una potente metafora religiosa, spiega: "Esiste il crocifisso e il crocifissore: i crocifissi sono i giovani, deboli, fragili che fanno uso di queste sostanze, mentre i veri crocifissori sono gli spacciatori e le organizzazioni criminali che hanno tutto l'interesse a mantenere questo sistema. Se nelle grandi città vediamo le piazze di spaccio, qui in Gallura dobbiamo guardare alle ville e alle case dove avviene l'approvvigionamento".
Don Coluccia conclude con un appello alla responsabilità collettiva: "È dovere di ogni cittadino e di ogni battezzato combattere questo fenomeno. Chi ha un pò di sensibilità e amore per la vita non può restare indifferente. La droga è democratica, non guarda in faccia nessuno, e il suo legame con la mafia è inscindibile. Ai ragazzi dico: amate la vita, è il dono più prezioso che avete".
Con il pallone da calcio sempre sotto braccio Don Coluccia ha lasciato Olbia e la Gallura, per recarsi a Sassari scortato dai suoi "angeli custodi". Ma il suo messaggio resta, potente come il fischietto che usa nelle periferie romane: la vera sfida contro la droga si vince solo insieme, cittadini e istituzioni, attraverso l'amore per la vita e per il prossimo.
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