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Pubblicato il 04 November 2018 alle 16:18
Olbia, 4 novembre 2018L’era del drone, così chiameremo la fase attuale della storia dell’aeronautica. Anche nella documentazione archeologica il drone ha costituito una rivoluzione copernicana. Riprese filmate e foto di monumenti, città intere come Pompei o Gerasa, scavi in corso che fino a dieci anni fa, o forse meno, richiedevano per immagini del genere il costosissimo elicottero, sono oggi ottenute in men che non si dica dal piccolo aggeggio telecomandato dalle quattro eliche, dotato di grandangolo orientabile e trasportabile comodamente nel bagagliaio dell'auto. Non parliamo poi dei costi: un drone è ormai acquistabile ovunque, nuovo o usato, nei comuni negozi di elettrodomestici o su Amazon e Ebay, partendo da prezzi base abbordabili per qualsiasi tasca.
Librandosi leggero come una libellula e fedele agli ordini del suo padrone, questo straordinario strumento consente la visione d’insieme zenitale del monumento, in forma stabile e dalla quota più opportuna, e che la precedente generazione di archeologi generalmente otteneva non prima di un estenuante lavoro di rilievo grafico. Non che questo sia ora escluso, ma oggidì ne viene ulteriormente facilitato e velocizzato dagli scatti eseguiti dal drone, che può riprendere o spiare quasi ogni dove e quasi ogni cosa, penetrando anche dentro il monumento dall'alto, come vedremo nel video che vi presentiamo.
Diego Cubeddu, pilota certifcato Enac, nella nostra zona è uno dei più abili, esperti e conosciuti realizzatori di spettacolari riprese fatte con i suoi droni, che sortiscono video di successo anche in virtù delle felici "colonne sonore" che è solito scegliere per accompagnare le sue immagini, con scelte musicali sempre sofisticate e pertinenti al tema. Gioca in ciò la sua passata esperienza di indimenticato conduttore di programmi radiofonici musicali nella fase pionieristica delle “radio libere”: Radio Tele Olbia, Radio Costa Smeralda e infine Radio Futura. Diego ha lavorato anche come disc jockey per alcuni anni alla discoteca Barracuda.
Tema del video che vi proponiamo oggi è dunque, come intuibile dal nostro esordio, l’archeologia. Le riprese dall’alto abbracciano la grande cisterna di epoca romana visitabile in località Sa Rughittula, inserita nella medesima grande area archeologica dove si apprezza l’inizio delle arcate monumentali dell’acquedotto della stessa epoca. Partito da una fonte perenne della zona di Cabu Abbas, quasi sicuramente dagli immediati pressi della chiesa campestre di Nostra Signora di Cabu Abbas (la Sancta Maria Capitis Acquarum citata daGianfrancesco Fara alla fine del XVI secolo), come sappiamo conduceva gran parte della sua preziosa acqua alle terme romane ubicate grosso modo in corrispondenza della Biblioteca Simpliciana. L’intera cisterna (m 13,75 x 9.05 e circa m 3 di profondità) venne realizzata in opera cementizia; internamente fu intonacata con spessi ed accurati strati di intonaco impermeabile di cocciopesto (in latino opus signinum), composto da frammenti di laterizi (tegole o mattoni) minutamente frantumati, e malta fine a base di calce aerea. L’interno è costituito da due navate separate da un setto divisorio con quattro arconi, entrambe coperte con volte a botte in cui si aprivano originariamente sei aperture circolari per l’aerazione (tre per parte), di cui solo quattro ancora ben conservate. Il grande deposito doveva probabilmente servire una scomparsa villa rustica, prendendo l’acqua da una diramazione secondaria dell’acquedotto stesso. Considerato che questo è stato precisamente datato tra il II secolo inoltrato e gli inizi del III sec. d. C., la grande cisterna può considerarsi coeva allo stesso, o immediatamente successiva.
©Marco Agostino Amucano
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