Wednesday, 30 April 2025
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Pubblicato il 29 April 2025 alle 18:00
Olbia. "Non poteva che essere il 25 aprile la mia prima uscita 'vera' in canoa. Nessun altro sport mi dà questa sensazione di libertà", esordisce così Alex Indragoli, lo sportivo olbiese reduce da un anno fatto di sfide per riprendere la sua quotidianità e i suoi amati sport.
Conosciuto in tutta l'isola per la sua passione per lo sport, Indragoli, 60 anni, è un canoista, campione di Sup e istruttore di padel e di danza. Originario della Toscana ma da anni residente ad Olbia, ha dedicato la sua vita allo sport e alla sua comunità. L'atleta lo scorso 6 maggio ha avuto un incidente a Olbia: mentre viaggiava a bordo del suo scooter nella rotatoria di via Genova, è stato coinvolto in una collisione con un'auto. Inizialmente trasportato dal servizio medico di emergenza 118 al pronto soccorso dell'ospedale Giovanni Paolo II, è stato poi trasferito nel reparto di Rianimazione del Santissima Annunziata di Sassari per ricevere cure specialistiche e da lì ha ricominciato le sue sfide. A distanza di circa un anno lo incontriamo dopo una prima sfida con se stesso, il suo mare e la sua amata canoa.
"Lo stimolo scatenante per risalire sulla canoa è stato collaborare per le ricerche dei due fratelli Deiana, per Lorenzo e Giuseppe, noi con la canoa potevamo arrivare in certi anfratti non raggiungibili con altre modalità e così, con un gruppo di amici abbiamo deciso di collaborare. Diciamo che ho provato a rientrare in acqua grazie a questo stimolo sociale, noi siamo andati nella zona vicino a Romazzino che era meglio come zona da battere proprio perché a Golfo Aranci quel giorno non c'erano le condizioni climatiche più adatte, non ho potuto fare molto ma è stato importante esserci e avere accanto anche mio figlio Samuel".
"Mi sono sentito come un bambino al luna park, ho provato una grande felicità, curiosa la coincidenza della mia prima uscita in canoa recuperando la mia libertà, le mie emozioni, le mie sensazioni con la giornata proprio della festa della Libertà. La canoa la considero lo sport per eccellenza - spiega Indragoli - uno sport a contatto con il mare e si parla di rispetto con la R maiuscola, perché il mare va rispettato, ma ti dà un grande senso di libertà. Dobbiamo ricordarci sempre che il mare non è il nostro elemento e poterlo vivere con le proprie forze è una sensazione incredibile e lo sport più poetico che ci possa essere, la canoa ti porta a sognare, assapori il contatto diretto con la natura".
Una grande conquista per Indragoli che nell'ultimo anno ha subito un grosso stop, a seguito del brutto incidente in cui è stato coinvolto il 6 maggio: "in canoa mi sono fatto prendere la mano e il mio spirito agonistico ha avuto il sopravvento, e mi sono ritrovato un po' in difficoltà e con un po' di dolori, ma grazie alla mia tecnica ho battuto i miei amici", racconta con il sorriso di chi sa di aver aggiunto un tassello nel suo percorso di rinascita.
Nel racconto dell'atleta si percepisce il suo spirito 100% sportivo, un uomo abituato agli allenamenti, al rigore, al sacrifico e questo, come conferma lui stesso, è stata la sua salvezza: "l'ospedale e i 100 giorni in compagnia del soffitto nella più completa immobilizzazione non sono stati affatto facili, era per me un grande tormento fisico e psicologico soprattutto perché abituato a fare 8 ore di sport al giorno. Ho vissuto l'esperienza del trasferimento in tre diverse strutture da Sassari a Tempio e poi finalmente a Olbia, ho subito degli interventi importanti e la mentalità del sacrificio, della lotta, dell'allenamento sicuramente mi ha aiutato a riprendermi, a riprendere a vivere. Al momento convivo con il dolore che per ventitré ore può essere considerato sopportabile, nella restante ora un po' meno".
I medici hanno confermato che i tempi di recupero sono lunghi ci vorranno almeno due anni, ma lui sente di essere sulla buona strada: "posso ammettere di aver fatto qualche passo avanti e sicuramente dal punto di vista psicologico mi aiuta anche molto essermi ripreso dei piccoli spazi della mia normalità, della mia quotidianità. Ho ripreso anche a fare l'istruttore di ballo per quanto mi è possibile, faccio un incontro al mese con i miei ragazzi, per rimettermi in pista e più che altro mi aiuta molto a livello psicologico stare in mezzo alle mie abitudini, alle mie consuetudini".
"Questo stop mi ha permesso anche di completare il percorso di mental coach che avevo iniziato anni fa e adesso inizierò un percorso con altri professionisti, sicuramente mi ha aiutato molto, anche dal punto di vista personale a visualizzare le mie forze, il mio corpo e mi rendo conto che può portarti anche a vedere quella che può essere la miglior versione di te stesso, ti fa capire la tua vera essenza".
"A breve terrò un seminario sulla genitorialità e sullo sport partendo proprio anche da quelli che sono gli sbagli personali, come genitore nei confronti dello sport dei figli, ritengo che sia giusto e utile trasmettere ai ragazzi l'importanza dello sport ma come metafora di vita non per la medaglia, non si fa sport per trofei e medaglie, deve essere visto come luogo di divertimento, non deve essere una forzatura non un voler vincere a tutti i costi".
"Considerando i 50 anni di sport e grazie anche ai nuovi studi sicuramente potrò avere qualche arma in più per poter dare dei consigli. Mi sono fatto sei mesi di ospedale, cento giorni li ho passati in compagnia del soffitto proprio perché non potevo muovermi e di certo posso confermare ancor più a gran voce che se prima il mio slogan era 'una vita per lo sport' adesso aggiungerei molto volentieri 'lo sport per la vita', in questo caso, nel mio caso lo sport mi ha salvato la vita".
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