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Olbia, viaggio nei ricordi legati all’Epifania: il racconto della maestra Ivana Langiu

Tra sacro e profano le tradizioni del nord Sardegna nel racconto di Ivana Langiu

Olbia, viaggio nei ricordi legati all’Epifania: il racconto della maestra Ivana Langiu
Olbia, viaggio nei ricordi legati all’Epifania: il racconto della maestra Ivana Langiu
Barbara Curreli

Pubblicato il 01 January 2025 alle 08:00

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Olbia. L'arrivo del nuovo anno reca con sé un'altra festività che ha il sapore della tradizione, dei ricordi e nonostante di questi tempi molte occasioni vengano ridotte a mere operazioni commerciali c'è là memoria di chi ancora serba nel cuore i ricordi di questi momenti vissuti da piccoli, quando l'epifania celebrava l'arrivo dei re Magi, un evento che sapeva di magico ma che recava con sé un'aura di mistero e devozione. 

A ricordare questi momenti arriva la testimonianza di Ivana Langiu, insegnante in pensione, conosciuta in occasione della presentazione sul libro Inca, la bambina incantata, proprio Maestra Ivana ci racconta la sua Epifania, quando da bambina si recava in giro per le case a Ozieri a fare "Sos tres Res."

"Fra i ricordi più cari della mia infanzia ad Ozieri legati alle festività natalizie c’è la tradizione de Sos tres res, i tre re. La sera della vigilia dell’Epifania i bambini e le bambine andavano, in piccoli gruppi, di casa in casa per cantare le canzoni che celebravano la nascita di Gesù Bambino".

"Quando ci aprivano la porta dicevamo in coro la formula di rito: "A cantamus?",  “possiamo cantare?” Il nostro repertorio - prosegue la Langiu - era composto da canzoni in italiano imparate a scuola o in chiesa come "Tu scendi dalle stelle" o "Astro del cielo". Ma conoscevamo anche due canzoni in lingua sarda, non ricordo da chi le abbiamo imparate, ma ancora oggi, dopo tanti anni, mi emoziona sentirle o ricordarle. Le due canzoni erano Notte de chelu, conosciuta anche come Es nadu es nadu e Naschid 'est".

"Di queste ricordo alcune strofe, appunto imparate a memoria, ora è facile reperire i testi in rete, e Maestra Ivana non fa mancare un piccolo ritornello di entrambe le canzoni:
Notte de chelu
Es nadu, es nadu, es nadu su Bambinu / Enide, enide tottu a l'ammirare / Enide a l'adorare, enide a l'adorare, a l'amare.
Iss'a lassadu su chelu lughente / E bennid'est a sa grutta a penare / Che fizzigheddu de povera zente / E fit su fizzu de su Re divinu. 
Naschid'est
Naschid'est in sa capanna poveritta de Betlem. In sa notte pius manna de su chelu s'altu Re. Gloria gloria cantan in chelu lughidos anghelos pro s'altu re; Paghe e vittoria, sas bonu zelu Anima povera, cantan pro te.
 
"Dopo l’esibizione gridavamo in coro la formula di rito: "a sa carica, tia Mariò! Ovvero: dacci i fichi secchi zia Mariola".   
E così ricevevamo in dono della frutta, soprattutto mandarini; frutta secca, mandorle, noci, noccioline e fichi secchi, ma anche qualche soldino. Il tutto poi veniva diviso in parti uguali da un genitore o dalla compagna più grande". 

"Questi sono i ricordi legati ai miei vissuti. Ma succedevano anche altre cose che andavano un po' oltre le celebrazioni religiose che, a me e alle mie amiche erano severamente proibite. Ho sempre sentito raccontare - prosegue Ivana Langiu - che alcuni  bambini  e ragazzi più grandi, e anche questo faceva parte della tradizione, quando non venivano fatti entrare in casa per cantare, sostavano davanti alla porta e cantavano due ritornelli sbeffeggianti". 

"Uno faceva così: Tira tira sa colora, ora! Dae sa Janna a su foghile, Ile!, Cant und’hazis dadu a mie, Ie! Nd’happedas intro e fora, ora!  Ovvero: Tira tira la biscia, dalla porta al focolare, quanto ne hai dato a me, tu ne abbia dentro e fuori. 
L’altro era ancora più irreverente: a cantamus sos tre rese? Ese! Babbu tou a fiagu e pese, ese! Ovvero: cantiamo i tre re? A tuo padre  puzzano i piedi".
 
"Questa tradizione lentamente è caduta in disuso, - conclude dispiaciuta Maestra Ivana-  almeno ad Ozieri, ed è un vero peccato. Da bambina non conoscevo il significato di questa tradizione, né ricordo di essermi mai chiesta il perché. Solo da grande, documentandomi, ho appreso che la tradizione voleva celebrare i doni che i re magi portarono a Gesù Bambino e così ho scoperto che le due canzoni in sardo sono state scritte dal sacerdote di Berchidda Pietro Casu, scrittore e filologo". 

Termina così un piccolo viaggio nel tempo che ha il profumo degli agrumi, la dolcezza della carezza di una nonna e la nostalgia dei tempi andati il cui ricordo resta indelebile nel cuore.