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Pubblicato il 24 August 2012 alle 18:44
A Bessude la rassegna di muralismo non è servita soltanto a lanciare la protesta contro la probabile sparizione delle piccole municipalità italiane, è stata anche il primo passo per la costruzione di una pinacoteca a cielo aperto. «Negli ultimi anni abbiamo fatto tanti concorsi di pittura e i quadri li conserviamo all’interno del palazzo di città – ha detto ieri il sindaco Giuseppe Sechi durante la cerimonia di chiusura della manifestazione – ma in pochi hanno la possibilità di vederli. Invece vogliamo che le opere d’arte siano fruibili a tutti perché sono un bene comune».
La rassegna di muralismo era iniziata l’otto agosto. Due gruppi di artisti hanno lavorato oltre due settimane per trasformare il piccolo centro del Meilogu e colorare sulle pareti il tema scelto dal primo cittadino: il sentimento di ribellione civile che circola un po’ in tutte le piccole amministrazioni della Penisola, minacciate dai tagli alla spesa pubblica. «Viviamo la realtà dei piccoli Comuni tutti i giorni – ha spiegato Sechi – e adesso una legge dello Stato vuole far sparire la nostra storia, la nostra cultura e la nostra tradizione. Con questi disegni vogliamo gridare a tutti che siamo disposti a ridurre il numero dei consiglieri o degli assessori, ma non ci rassegniamo a scomparire completamente perché lo Stato e le sue leggi ci devono aiutare, non uccidere».
Ed ecco allora che per dipingere il centro del Meilogu sono arrivati da tutto il mondo dodici volontari dello Sci, il Servizio civile internazionale, coordinati dall’artista di Sassari Vincenzo Ganadu che prima ha insegnato i rudimenti della pittura e poi ha diretto il loro lavoro. Bessude, oggi, ha murales firmati da ragazzi spagnoli, ucraini, russi, greci, della Repubblica Ceca, dell’Azerbaigian e della Germania. Blanca de la Cruz, spagnola, ha disegnato tra donne che aspettano e guardano il fluire di un fiume e di una cascata, metafora dell’attesa infinita e al tempo stesso una spinta verso una riflessione sui temi dell’ecologia. La russa Nadya Kirdina ha dipinto alcune matrioske, ribellione silenziosa per la perdita di individualità femminile che secondo lei ormai dilaga in Russia. Poi ancora il don Chisciotte moderno creato da José Miguel e Curro: accanto al mulino a vento anche una pala eolica; l’albero e il sole, simboli di pace e della Grecia, creati da Stavroula e dipinti insieme a Elena, Manuel e Giovanni; il murales di Martina Cara, artista bessudese, quello di Ruben Mureddu e infine i disegni di Asmar (Azerbaigian), dei bambini di Bessude, che si sono potuti sbizzarrire con i colori, di Alona (Ucraina), di Markette e Marie (Repubblica Ceca) e infine il grande murales “Presa di coscienza”, ideato da Vincenzo Ganadu e disegnato insieme ai 12 volontari: una mano che stringe un oggetto con determinazione e che, come ha detto Ganadu, «è una stretta che tenta di mantenere le radici, la cultura e sogni, le uniche cose che non ci possono rubare».
Accanto a loro cinque artisti sardi: Mario Gaspa, Franco Farina, Aline Spada, Lina Mannu e Silvano Caria. Gaspa ha dipinto “Identità e consapevolezza” rifacendosi alla cultura del centro del Meilogu. Ha rappresentato la figura misteriosa del guerriero – l’orgoglio di Bessude – poi una scacchiera, il re e la regina che capitolano inesorabilmente a causa dei malefici disa rejusta, la strega-oppressore. Aline Spada con “Ascoltando il silenzio dei ricordi” ha omaggiato la figura femminile e la quiete che ci aiuta a riflettere e ricordare la nostra esistenza, Franco Farina ha rappresentato la globalizzazione come una nuvola nera; Lina Mannu ha disegnato un murales che è un invito alla lettura della storia trama per trama. Infine Silvano Caria che ha eseguito un lavoro strutturale: altorilievi che spuntano dal muro e si incastrano con l’anello al quale si legavano i cavalli, che nella sua opera è invece allacciato a una stele nella quale sono rappresentati i simboli della cultura di Bessude e della Sardegna intera.
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