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Bianca, Cronaca

Olbia, pienone per la presentazione del libro “Lezioni d’amore per un figlio”

Le parole dell’autore Stefano Rossi

Olbia, pienone per la presentazione del libro “Lezioni d’amore per un figlio”
Olbia, pienone per la presentazione del libro “Lezioni d’amore per un figlio”
Ilaria Del Giudice

Pubblicato il 22 September 2024 alle 09:00

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Olbia. Ancora un evento rivolto a famiglie e scuole per sottolineare l’importanza del supporto alla genitorialità per l’educazione. Promossa da "Sul filo del discorso" e fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale, la serata si è svolta mercoledì 18 settembre presso il Museo Archeologico e ha riscosso grande partecipazione da parte della cittadinanza. Ospite dell’evento lo psicopedagogista Stefano Rossi, autore di best seller sull’educazione. In quest’occasione è stato presentato il suo ultimo lavoro dal titolo “Lezioni d’amore per un figlio. Accompagnare i ragazzi nei labirinti dell’adolescenza”. La serata è stata aperta dal Vicesindaco Sabrina Serra, che ha presentato l’evento come un momento di confronto con le famiglie e con le scuole per imparare ad affrontare al meglio momenti di difficoltà con bambini e ragazzi.

Si è parlato di analfabetismo emotivo e sentimentale che spesso si traduce in violenza ad intra o ad extra e dell’educazione emotiva vista come l’arte di trasformare i sassi che pesano sul cuore in emozioni. “L’educazione classica comportamentista si basava sullo schema premio/punizione – spiega il dott. Rossi - ma i nostri figli sono più dei loro comportamenti. Perché oggi è così difficile educare?”. A questa domanda lo psicopedagogista ha cercato di dare una risposta pluridisciplinare contemplando le diverse dimensioni filosofiche, psicologiche e pedagogiche. In passato, infatti, la pedagogia del castigo, tipica di un mondo verticale e disciplinare, instillando il senso di colpa nei bambini faceva si che, crescendo, il rimorso li richiamasse alla responsabilità sociale. Oggi, invece, il mondo orizzontale e liquido in cui viviamo, caratterizzato da un relativismo in cui ciascuno propone la sua visione e i suoi valori con la pretesa che questi possano valere per tutti e con quella di imporli (vedi il mondo dei social e degli influencer), fa si che i nuovi adolescenti, al posto del senso di colpa, sviluppino quello di inadeguatezza; una sorta di ansia di avere l’ansia delle aspettative.

“L’ansia dei ragazzi nasce dalla nostra ansia. Proiettiamo infatti su di loro tante di quelle aspettative da schiacciarli, con il risultato che cresciamo ragazzi medaglia d’oro (che entrano in crisi quando non raggiungono i livelli massimi nella vita) o ragazzi che abbandonano la scuola (che non giocano la partita per paura di non essere all’altezza) – afferma Rossi e prosegue - Il peggior bullo vive dentro di noi e ci dice che non siamo abbastanza. Ma questo è solo un pensiero. Dobbiamo spiegare ai ragazzi che i pensieri possono essere soppesati ed essere messi in discussione. Dobbiamo insegnare ai nostri figli a volersi bene, con un’educazione alla grinta, che porti a dare il proprio meglio, ma senza la pretesa di essere perfetti. La generazione Z vive di metriche e, di conseguenza è una generazione in fuga per paura di non soddisfare le aspettative sociali. L’individualismo è la nuova malattia del secolo e la fuga si manifesta sotto diverse forme: hikikomori, abbandono scolastico, autolesionismo, violenza e, infne anche suicidio. Una società iperprestazionale instilla una paura del fallimento insostenibile. Il compito dell’adolescente è quello di “uccidere” simbolicamente il bambino che non può più essere per aprirsi alla scoperta delle dimensioni: del sé, dell’amicizia, dell’amore e del desiderio. L'adolescente sente una spinta psico-biologica a staccarsi dall’adulto per compiere quel processo di separazione e individualizzazione che dovrà portarlo a costruire sé stesso e non a diventare un clone del genitore.

Ogni figlio è un “dis-astro” in cerca della sua luce. Dobbiamo essere vento sotto le loro ali e incoraggiarli, mettendo i nostri cuori nei loro. Fondamentale risulta quindi anche l’equazione tempo-amore. Se dedichiamo un po’ di tempo di qualità ai nostri figli, loro non andranno a cercare l’amore in luoghi pericolosi. È come se nella mente del bambino e poi dell’adolescente si sviluppasse questo pensiero: “Se non mi dedichi mai piccoli tempi sorridenti vuol dire che non mi vedi, e se non mi vedi vuol dire che non mi vuoi bene. Dunque dovrò ricercare quell’amore altrove e magari lo cercherò in luoghi pericolosi”. Il cuore è un puzzle, non fate mancare ai vostri figli il pezzo più importante: l’amore. Usate le parole per comunicargli il vostro amore perché le parole sono importanti”.

Come fare allora in questo panorama educativo così difficile? L’unica soluzione, a detta dello psicopedagogista, quella di essere genitori/insegnanti faro. Ecco le coordinate:

- Essere una figura verticale in un mondo orizzontale, ovvero una persona imperfetta che sa regalare abbracci e piccoli gesti di empatia e gentilezza, e capace di porsi continuamente la domanda “Il mio modo di comportarmi è coerente con i valori che voglio trasmettere a mio figlio o al mio alunno? Occorre in sostanza essere un adulto testimone di valori importanti.

- Essere una figura che illumina. I figli fanno implicitamente sempre e solo una richiesta: “Mi vedi?” e imparano a vedere se stessi e il mondo che li circonda con gli occhi che li hanno guardati. Occorre dunque scegliere se essere il tipo di genitore-scultore, che idealizza il figlio facendolo sentire indegno perché magari non soddisfa gli standard e le aspettative che gli si richiedono, oppure un genitore-floricoltore, che ha negli occhi l’amore per l’unicità della sua piantina e la fiducia che sboccerà e troverà la sua strada nella vita.

-Non avere la sindrome di sostituzione. Il faro sta fermo, non si muove. Questo vuol dire imparare a non sostituirsi al figlio per non farlo sbagliare. I bambini e i ragazzi hanno bisogno di sperimentare – in un ambiente protetto – per sviluppare la propria autostima. Sostituirsi a loro significa trasmettergli questo messaggio: “Non credo in te. Da solo non ce la puoi fare perché hai bisogno di me”.

-Sapersi sedere a fianco. L’essere umano ha due bisogni emotivi fondamentali: essere visto ed essere ascoltato. Avere quell’atteggiamento accogliente che dice: “Amore vedo che hai dei pesi sul cuore, se ti va di condividerli con me io ci sono, ti vedo e cercherò di sostenerti nonostante i miei limiti” può fare la differenza per lo sviluppo sano e armonioso dei nostri figli.

Alla nostra domanda “Che cosa spera che resti nei presenti di questo incontro?” il dott. Rossi risponde: “Le metafore sull’intelligenza emotiva che sempre propongo in quanto queste aiutano a leggere e a dare voce alle parole non dette dentro di noi, facendoci comprendere il funzionamento delle emozioni e indicandoci come regolarle. E poi spero che i genitori e gli educatori presenti si portino a casa il desiderio di connettersi con il cuore del figlio. Io credo che il genitore, l’insegnante e l’educatore empatico non sia quello che riesce a connettersi, ma quello che ci prova. E i ragazzi, se trovano un adulto che ha questo desiderio di creare un ponte con loro se ne accorgono e lo accolgono. E questo è già un grande risultato”.

Alla fine dell’incontro l’assessore alla cultura Sabrina Serra ha dichiarato: “E’ stato un momento di riflessione e di confronto. Abbiamo intenzione di riportare il dottor Rossi in città per una serie di conferenze con l’aiuto e il supporto alla genitorialità. Olbia risponde e questo vuol dire che c’è bisogno di ciò e che siamo sulla strada giusta. Occorre lavorare molto con le famiglie e questo è un compito dell’amministrazione comunale. Cerchiamo di lavorare soprattutto nella fascia 0-6, fase delicata dove gettare le basi per crescere persone sane e serene. I bambini di oggi sono gli adulti di domani e l’educazione alle emozioni è fondamentale. Non è mai troppo tardi. Anche in un percorso d’infanzia non proprio liscio spesso è possibile intervenire per recuperare. Vogliamo essere vicino a tutte le persone che hanno a che fare con i nostri giovani (genitori, famiglie, scuola, insegnanti, educatori) affinchè insieme possiamo costruire una comunità sempre più solida e più forte”.