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Olbia, crisi demografica in Sardegna e la risorsa migranti

I lavoratori stranieri stanno diventando una risorsa indispensabile per sorreggere/incrementare la produzione italiana, sarda o Olbiese che dir si voglia.

Olbia, crisi demografica in Sardegna e la risorsa migranti
Olbia, crisi demografica in Sardegna e la risorsa migranti
Federico Bardanzellu

Pubblicato il 30 March 2023 alle 06:00

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Olbia. Secondo la Camera di Commercio di Sassari il tasso di crescita delle imprese a Olbia è stato del 4%. È un dato superiore addirittura a quello nazionale relativo al PIL 2022 il quale è cresciuto del 3,8. Da notare che con questo + 3,8 l’Italia, per la prima volta dopo un quindicennio, è cresciuta più di Germania, Francia e Spagna. Il resto dell’isola, purtroppo è rimasto indietro. Solo + 2,1%, infatti, è la percentuale di crescita complessiva delle imprese sarde. Quella del nord Sardegna, ancorché fruente del dato relativo alla nostra città è stato del 2,7% 

Olbia, quindi, guida l’aggancio dell’isola alle performance economiche del resto del paese. Con il suo porto che è il secondo in Italia per passeggeri e il suo aeroporto che è primo in Sardegna. Non a caso recentemente la Geasar si permette di “salvare” Alghero-Fertilia accordandosi per una gestione unica. Ma più che una fusione è un’incorporazione. Visto che Geasar, è stato valutato 330 milioni di euro, mentre Sogeaal, la società che gestisce l’aeroporto di Alghero, 22 milioni (Fonte: Luca Rojch, La Nuova, 22 marzo 2023).

 

In Sardegna, come in Italia, mancano figure professionali qualificate

Contemporaneamente, in Sardegna, cresce sempre di più la necessità di figure professionali qualificate da inserire nelle imprese. Per l’Ufficio Studi di Confartigianato la quota mancante di manodopera specializzata nel 2022 era del 36,6%. Nel 2023 la carenza si attesterà al 42,1%. Tra le imprese artigiane la difficoltà di reperimento è del 38,5%. Da questo punto di vista la situazione olbiese sembra all’incirca la stessa delle altre province sarde. La classifica territoriale sarda delle figure professionali non trovate nel 2022 ha visto infatti in testa Cagliari con il 39,2%. Il Nord Sardegna segue a ruota il 39%. Mentre le province di Nuoro e Oristano si attestano rispettivamente al 35% e al 32,5%.

Se la Sardegna piange, però, il resto dell’Italia non ride. Nel 2022 il tasso di disoccupazione, pur scontando l’eredità del blocco del periodo Covid, ha avuto una ripresa. Ma il numero di offerte di lavoro scoperte è continuato a crescere. Oggi, in tutta Italia, ogni 100 disoccupati in meno si contano mediamente 24 posti vacanti in più (Fonte: Sole 24 Ore, 22 novembre 2022).

Insomma sia in Sardegna che nel resto dell’Italia il lavoro ci sarebbe ma i posti non si riescono a coprire. La causa principale sarebbe l’inadeguato curriculum dei richiedenti. Ciò è rilevabile soprattutto nel settore digitale e dell’ICT. Ma non si trovano nemmeno gli autisti di camion articolati e non, gli operai edili specializzati in risparmio e riqualificazione energetica. Mancano addirittura molte figure artigianali tradizionali come gli elettricisti, i meccanici, i riparatori di autoveicoli, gli idraulici e i saldatori. Senza dimenticare gli estetisti, gli acconciatori e i cuochi.

Crisi demografica senza precedenti

Per trovare le motivazioni di questa situazione guardiamo nuovamente il dato nazionale complessivo. L’Italia (Sardegna compresa) sta vivendo una crisi demografica, senza precedenti nella sua storia. Dal 1993 muoiono sistematicamente più persone di quante ne nascono. Dal 2018 per la prima volta – in tempo di pace – il numero della popolazione presente è iniziato costantemente a diminuire. Nonostante gli stranieri giunti (e censiti) nello stesso periodo. Nel 2021 ci sono stati 709 mila decessi a fronte di 399 mila nascite.

La popolazione invecchia e diminuisce la quota di popolazione attiva. Cala infatti il numero dei lavoratori nella fascia 15-34 anni. Aggravato dall’emigrazione all’estero della fascia di giovani più competitiva. Aumentano invece i lavoratori over 50. Cioè la fascia dei lavoratori ormai demotivati e che non vedono l’ora di andare in pensione. Quindi chi resta al lavoro dovrà finanziare sia i pensionati di oggi che le proprie pensioni di domani. Di conseguenza, a parità del gettito, dovranno andare in pensione sempre più tardi.

I dati della crisi demografica in Sardegna sono ancora più shockanti. Secondo quanto riportato dal Sistema informativo e Osservatorio epidemiologico - Parti e nascite in Sardegna, l'Isola , escludendo il Molise, presenta il più basso tasso di natalità d'Italia, pari solo a quello della Basilicata e poco inferiore a quello di Friuli-Venezia Giulia e Piemonte. Il tasso di fecondità nella nostra isola, con 1,08 figli per donna, è il più basso d'Italia. I saldi demografici della regione danno già da tempo risultati negativi, nonostante l’altrettanto basso tasso di mortalità. 

Nel decennio 1991-2001 abbiamo avuto un decremento di 16.000 unità pari all’1,0% della popolazione. Nel decennio successivo (2001-2011) si è avuto un leggero incremento (+7.362 unità, pari allo 0,4%). Per passare a un vero e proprio crollo nel decennio 2011-2021, quando gli abitanti dell’isola sono scesi da 1.639.362 a 1.587.413 (Elaborazione dell’autore dai Dati del Censimento Generale della Popolazione). Tra gennaio e ottobre 2022 la Sardegna ha perso oltre 10 mila unità, attestandosi a 1.577.377 residenti.

La crisi demografica ha investito sia le campagne sia le grandi città. Nel 1991, Cagliari (al netto degli abitanti del futuro comune di Monserrato) contava 183.408 abitanti. Nel 2001 è scesa a 164.239. Nel 2011 a 149.883 e nel 2021 148.921(Elaborazione dell’autore dai Dati del Censimento Generale della Popolazione). Nei primi dieci mesi del 2022, Cagliari è calata ancora dello 0,55%. Così come la popolazione delle prime due città sarde che la seguono. Sassari è scesa dello 0,78% e Quartu Sant’Elena dello 0,34% .

Olbia è apparentemente l’unica città della Sardegna che continua a crescere. La sua popolazione è aumentata dello 0,52% tra gennaio e ottobre 2022, superando il tetto dei 61 mila residenti. Ma in realtà, nei primi otto mesi del 2022, la differenza tra nati e morti è stata negativa (- 180). La crescita della popolazione residente è infatti dovuta agli immigrati. Provenienti sia dal resto della Sardegna e d’Italia, sia dall’estero. Gli stranieri hanno dunque limitato la perdita di popolazione. Diversamente anche la nostra città avrebbe registrato un calo demografico. È interessante notare che, a livello regionale, il flusso migratorio entrante, sia localizzato quasi esclusivamente verso il nord della Sardegna.

‘Facciamoci aiutare a casa nostra’

In ogni caso, i lavoratori stranieri stanno diventando una risorsa indispensabile per sorreggere/incrementare la produzione italiana, sarda o Olbiese che dir si voglia. Lo scrivente, in un articolo scritto per un’altra testata telematica ha coniato uno slogan: “Facciamoci aiutare in casa nostra”. D’altronde senza forza lavoro è difficile produrre. In agricoltura è addirittura impossibile. Soprattutto se si vuole puntare sui prodotti DOP e sull’export.

Purtroppo sia in Sardegna che in Italia abbiamo delle strutture incapaci di governare la situazione dal punto di vista occupazionale. Le domande della sanatoria agricola “Bellanova” del 2020 sono ancora da smaltire. Il tanto sbandierato “decreto flussi” è ai nastri di partenza e autorizza l’ingresso/regolarizzazione di 82.000 lavoratori in tutta Italia ma ne servirebbero il doppio..

Vito Miceli (Anceferr) ha proposto di inserire con contratto regolare nei cantieri Pnrr i rifugiati e i richiedenti asilo. Sono ritenuti, infatti, i lavoratori stranieri maggiormente qualificati. La sua associazione propone di garantire loro vitto, alloggio e formazione, a partire dall’insegnamento della lingua italiana. La proposta è interessante, vista l’inefficienza cronica dei Centri per l’impiego. Non sempre adeguati a incrociare domanda e offerta di lavoro. Poco orientati alle professioni richieste dal mercato, inoltre, sono i percorsi formativi istituzionali.

L’affidamento dei CpI a un consorzio pubblico/privato comprendente le associazioni datoriali sembra allo scrivente una soluzione interessante. Soprattutto per l’avviamento al lavoro dei lavoratori sardi/italiani e non solo degli stranieri.