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Pubblicato il 03 September 2023 alle 20:00
Olbia. "Le cose che restano, /che ti cambiano/perdute e ritrovate /che ancora rimangono. Queste parole che formano il titolo esteso della mostra di Antonello Marongiu rappresentano il tentativo, intriso di malinconia, di non perdere le cose perché perdendole entriamo nel mondo della solitudine dove progressivamente ma ineluttabilmente perdiamo noi stessi. Nelle opere di Antonello Marongiu appare questo il motivo conduttore, che alimenta come una invisibile forza generativa il ricco registro dei suoi lavori - di cui in questa mostra viene presentata una parte seppure significativa – e la profondità della sua opera intercettando il nostro tempo che ha smesso di vivere il reale".
Così ha introdotto il discorso magistrale l'architetto Vanni Maciocco che ha virtualmente aperto le porte del suggestivo itinerario alla scoperta delle opere di Marongiu. Come da un curioso cilindro ecco subito apparire numerosi animali e personaggi fantastici, accostamenti di tonalità e stile, volti e sguardi penetranti, visioni, deformazioni e sensazioni che si contrappongono e che caratterizzano la poliedricità dell’Io. Un insolito tranfert attraverso il quale lo spettatore osserva una bic che tesse su un foglio bianco il suo personale filo di Arianna dove ethos e pathos sono riflessi di un mondo fatto di carenze ed eccessi, una giungla fiabesca con strane bestie che lo osservano scrutandone l’animo con mille occhi quasi volessero chiamarlo, invitarlo ad entrare nel loro deforme labirinto o forse sostare anche solo per un poco su un’immaginaria isola delle cose che restano.
Il giocoliere. È sempre Maciocco a parlare: "Il giocoliere, l’opera che è anche l’immagine della copertina del catalogo, nelle due versioni a olio e grafica, è emblematica e rappresentativa dell’esperienza estetica di AM. Il gioco individuale come metafora della solitudine, che sembra avere tra le mani il mondo con la sua instabilità, ma è un uomo distaccato dallo stesso mondo, e pur fermo su una fune sospesa è indifferente agli spettatori, anch’essi distanti e noncuranti, se osserviamo la versione grafica dell’opera".
La mostra. Colpiscono le grandi mani surreali che richiamano ad una sindrome di Marfan non più come sofferenza del corpo, ma dei pensieri sottoposti a stimoli iperbolici a causa di uno stile di vita e di un’era di eccesso di consumi, di cemento, informazioni, di una crisi dominata da virus ed echi di guerra che rischiano di schiacciare perfino una nazione come l’Italia costretta ad alzare non una bandiera bianca qualsiasi, ma la sua propria. Non la natura però, lei riuscirà a prendere il sopravvento, a rigenerarsi e persino a mostrarsi indifferente come l'esile uccellino che dà le spalle ai fumi di un’esplosione lontana.
E poi scarpe gigantesche; figure umane che scompaiono tra i vicoli di città di cemento o che librano sinuose sopra di esse. Una sedia blu - oggetto inanimato che ha ispirato artisti del calibro di Vincent Van Gogh - attende immersa in un altro infinito blu un sogno che si posi.
Una mostra coinvolgente e interessante dove accanto al grottesco, alla fiaba, c’è spazio anche per la pace, Tavolara, il mare, il faro dell'isola Bocca che illumina la realtà come può fare solo l’animo di un sognatore olbiese.
Quattro domande all'artista Antonello Marongiu. La tua arte è una ricerca continua iniziata molti anni fa, da quando hai scoperto questa propensione al disegno e alla pittura?
“Recentemente mi ha fatto sorridere riascoltare un vecchio audio registrato a bobina: “Antonello ma come hai fatto a riempire di disegni questo foglio in due minuti!”. Era la voce di mio padre che scherzosamente sbottava per aver riempito con i miei disegni un grande foglio bianco destinato ai suoi appunti. Avevo quattro anni. Ripensando invece alla mia giovinezza ricordo di non aver mai dato peso a questa mia abilità, per me è naturale. Disegnare in qualche caso lo considero un buon metodo di concentrazione. A scuola, per esempio, durante la lezione, mi piaceva disegnare le caricature dei miei compagni senza mai distrarmi e perdere quindi la spiegazione del professore”.
Sfogliando i tuoi due cataloghi è possibile osservare tutte le tue inattese ed originali opere, tra cui anche diverse locandine e poster. Ti era già capitato di esporre i tuoi disegni e quadri?
“La mia prima mostra personale in realtà è datata 1989. Nell’occasione avevo esposto anche “Le sedie stanche” che avevano suscitato un certo interesse. Poi, con i crescenti impegni familiari e di lavoro, ho lasciato un po’da parte il disegno senza però mai smettere di applicarmi del tutto. In quegli anni ho realizzato alcuni schizzi, soggetti e astratti per alcuni cari amici che sono stati poi riprodotti su poster e locandine”.
La vita è una dinamica complessa che ti porta a fare delle scelte, ma anche a vivere quelle che altri fanno per te. Pensiamo al lockdown, per esempio, come lo hai vissuto dal punto di vista della tua arte?
“Il ritorno alla pittura è stato stimolante. Durante quel periodo ho ripreso con piacere a dipingere e disegnare con la penna bic senza pensare a quello che sarebbe stato il risultato finale. In questa mostra sono esposte diverse mie produzioni datate 2020, ma ho voluto proporre all'attenzione del pubblico anche opere degli anni Novanta".
Mancano pochi giorni alla chiusura della tua personale. Ci sono altre mostre tra i tuoi progetti per il futuro, non vorrai far passare altri trentaquattro anni spero?
“Ho ricevuto alcune nuove proposte che sto valutando. Adesso ho bisogno far “decantare” questo momento vissuto, raccogliere tutte le belle emozioni e le nuove idee che ha suscitato in me l’inaspettato entusiasmo del pubblico olbiese, degli amici ma anche dei tanti turisti che sono venuti a visitare la mostra”.
Un successo non cercato, arrivato come una esplosione di bollicine dell’ottimo spumante offerto ai numerosissimi presenti. L’inaugurazione della prima personale di pittura “Le cose che restano” dell’artista olbiese Antonello Marongiu è stata una vera festa che ha richiamato un numeroso pubblico. Lo scorso 29 agosto, al Museo archeologico di Olbia, dopo il discorso inaugurale dell’architetto Vanni Maciocco il taglio del nastro è stato effettuato dal sindaco di Olbia Settimo Nizzi.
E se è vero che a volte può sembrare difficile interpretare i molteplici e profondi significati delle opere di Marongiu, è ancora una volta l'architetto Maciocco a guidare lo spettatore: "A noi spetta il compito di guardare le cose con altri occhi, come sembra lo sguardo insito nelle opere di Antonello Marongiu, le quali esprimono un senso di solitudine malinconica e distaccata ma a un tempo pervasa di un’ironia critica capace di turbare le coscienze con la sua ambiguità. Un’ambiguità che ritroviamo spesso negli stessi titoli delle opere, come una legenda ragionata in forma di calembour".
La mostra personale "Le cose che restano" di Antonello Marongiu è visitabile ancora per pochi giorni: martedì 5, mercoledì 6 e giovedì 7 settembre. Gli orari del Museo Archeologico di Olbia sono i seguenti 8-13 e 16-19. Ingresso gratuito.
In foto copertina: a sinistra "Una giungla", olio su tela del 2020. Al centro l'artista Antonello Marongiu con la sua opera "Sedia blu", olio su tavola del 1989; a destra "Foto di gruppo con signora", olio su tela del 1992.
"Salire in alto per guardare in basso", bic su carta anno 2020.
"Laggiù...una guerra", olio su tavola del 2022.
"Donna con scarpe da uomo", olio su tela del 2020.
A sinistra "La zingara che suonava canzoni del non amore",olio su tavola del 2021; a destra "Il giocoliere", olio su tela del 2020.
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