Wednesday, 04 December 2024
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Pubblicato il 04 December 2024 alle 09:00
Olbia. Il Cipnes è stato condannato dal Tribunale di Tempio Pausania (Sezione Lavoro) per un licenziamento giudicato illegittimo dal giudice Ugo Iannini.
La sentenza è freschissima, 2 dicembre 2024, e il protagonista è un ex dipendente del Consorzio industriale, licenziato nel gennaio 2024. Il Cipnes è stato condannato all'immediata reintegrazione del lavoratore con riserva di indennità sostitutiva pari a circa 346.000 euro.
La vicenda è assai complessa e parte nel 2023, quando il Consorzio industriale decide di emettere dei provvedimenti disciplinari a carico di due dipendenti: entrambi, in modo diverso, si ritrovano ad essere "puniti" per una conversazione finita in un fascicolo d'indagine (poi archiviato).
Il primo dipendente per aver, in una conversazione privata, avanzato critiche ipotetiche sulle prassi dell'ente (si parlava di appalti), il secondo per aver portato all'attenzione dell'autorità giudiziaria questa conversazione.
La sentenza oggetto di questo articolo riguarda il primo dipendente che ha portato in tribunale l'ente consortile. Per quel che si legge nella sentenza, il Cipnes ha considerato infondato il ricorso del dipendente e ha difeso il licenziamento per giusta causa.
Il giudice Iannini ha dato torto al Cipnes, ma non ha accolto tutto l'impianto del ricorso del dipendente ricorrente (non si può applicare la legge sui whistleblower né si può dire che si sia trattato di un licenziamento "ritorsivo"). Nonostante ciò, ha comunque ritenuto il licenziamento illegittimo per i seguenti motivi.
La "giusta causa" addotta dal Cipnes, si legge nella sentenza, è stata trovata nelle affermazioni del dipendente ricorrente durante la già citata conversazione. Ebbene, secondo il giudice di Tempio, dalla trascrizione di tale conversazione si evince che tale conversazione "ha una connotazione principalmente teorica ed astratta ed è finalizzata alla spiegazione da parte del ricorrente (..) di norme di legge o di prassi operative dell'ente".
Il giudice, nella sua analisi, scrive che non si ravvisa "alcuna affermazione ingiuriosa o diffamaente nei confronti degli altri dirigenti Cipnes". Di più: analizzando il proseguo della fatidica conversazione, il giudice Iannini scrive che non si oltrepassa "quel diritto di critica che la stessa Costituzione garantisce all'articolo 21".
Insomma, secondo il giudice di Tempio non vi sarebbero stati intenti diffamatori, ma c'è dell'altro: la giurisprudenza in tema di licenziamento disciplinare è consolidata nell'affermare che i messaggi di una chat privata, pur offensivi, non costituiscono giusta causa di recesso poiché sono diretti a un numero di persone determinato e non a una moltitudine indistina. Se ciò vale per una chat, ragiona il giudice tempiese, a maggior ragione vale per una conversazione privata tra due persone.
Riassumendo moltissimo tutta questa intricata vicenda: non si può essere licenziati per una mera conversazione. Per quanto riguarda eventuali sviluppi, il Cipnes ha la possibilità di ricorrere in appello.
E il secondo dipendente, quello che ha portato la fatidica conversazione all'attenzione dell'autorità giudiziaria? Anch'egli ha fatto ricorso contro il Cipnes, vincendolo. Concludendo, i licenziamenti ritenuti illegittimi dal giudice sono due.
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