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Pubblicato il 08 June 2021 alle 06:56
Olbia. Le mani delle mafie sulla Sardegna: sembra qualcosa di impossibile, eppure è ciò che da anni la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) scrive nero su bianco nelle sue relazioni. La Sardegna non è la Campania, né la Puglia o la Sicilia, non ha un tessuto sociale in cui le mafie possono infiltrarsi in modo tradizionale (e forse non ne hanno nemmeno l'intenzione), ma è qua (o meglio, anche qua) che le mafie fanno affari. Tanti, tanti affari.
Secondo la Dia, nella relazione semestrale gennaio-giugno 2020, presentata dal ministro per l'Interno il 29 gennaio 2021, sono principalmente due i filoni che le mafie seguono nell'isola: il traffico di stupefacenti e il riciclaggio di denaro sporco tramite investimenti in particolare in Gallura (zona di Olbia, ma non solo).
La parola “Sardegna” compare in questa relazione, lunga 602 pagine, poco più di 20 volte. La prima volta compare a pagina 177, nel capitolo dedicato alla Campania. Poche righe, ma significative, perché è un paragrafo dedicato alla stretta collaborazione che, secondo la DIA, si sarebbe instaurata tra la camorra campana con la 'ndrangheta calabrese: “Da anni le risultanze investigative evidenziano la stretta collaborazione che si è instaurata tra camorra e organizzazioni straniere, nonché forme di cooperazione tra gruppi di estrazione territoriale diversa. Un’operazione congiunta dei Carabinieri e della Guardia Civil spagnola, denominata “Akhua”16, ha disarticolato, il 4 febbraio 2020, una consorteria operante nella Capitale composta da due distinti gruppi criminali specializzati nel narcotraffco, uno rappresentato da soggetti in contatto con la ‘ndrangheta, in particolare, con sodalizi di Rosarno e Platì, l’altro collegato al clan LICCIARDI, per l’importazione dalla Spagna di cocaina e hashish destinate alle piazze di spaccio di Roma, della Sardegna e di altre zone”.
Nel capitolo dedicato alla Sardegna, invece, la DIA analizza la particolare situazione sarda, partendo dalla criminalità locale: “Le caratteristiche tipiche del territorio e l’isolamento geografco dell’isola hanno, sino ad oggi, ostacolato il radicamento delle organizzazioni di tipo mafoso. Non si ha riscontro infatti della sussistenza di forme di criminalità gerarchicamente strutturate e dotate della capacità di controllare “militarmente” il territorio. Anche la delinquenza locale non ricerca un controllo diffuso ed egemonico del territorio ed è lontana dall’agire tipico dei sodalizi mafosi, ma con questi non disdegna alleanze e accordi funzionali ad un reciproco vantaggio. Un tempo dediti principalmente ai sequestri di persona a scopo di estorsione, attività tipica della malavita barbaricina e ogliastrina, i gruppi locali hanno rimodulato il proprio modus agendi, prediligendo azioni delittuose più redditizie e meno complesse. Oggi si mostrano principalmente orientati allo smercio e spaccio di droghe principale business di tutte le matrici criminali”.
Se ci si fermasse a questo paragrafetto potrebbe sembrare che nell'isola la situazione sia tutto sommato tranquilla e al riparo da infiltrazioni, ma non è così. Spiega la DIA che “Esistono tuttavia evidenze, rilevate nel tempo, della presenza di soggetti collegati alle “mafe tradizionali” nonché alle proiezioni delle stesse che, oltre ad essere attivamente coinvolti nel traffco di stupefacenti, hanno evidenziato interessi nel riciclaggio dei proventi delittuosi realizzati in altre regioni”.
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia, la criminalità organizzata cercherebbe in Sardegna altre forme di investimento, molto redditizie, che in alcuni casi sarebbero state agevolate da amministratori pubblici.
Le zone più interessate da questo fenomeno sarebbero il cagliaritano e il sassarese (compresa la zona di Olbia): “Il turismo in Sardegna invoglia le consorterie a ricercare forme di investimenti, soprattutto nel settore ricettivo e immobiliare che in alcune aree territoriali possono essere particolarmente significativi sul piano della redditività. È infatti emerso come organizzazioni criminali di origine campana si siano dedicate, talvolta con la complicità di amministratori pubblici, all’acquisizione del controllo di beni immobili nelle località turistiche del cagliaritano e nell’area costiera del sassarese. Sintomatica anche un’operazione che ha coinvolto un ex sodale alla banda della Magliana (delegato al reinvestimento dei capitali illecitamente acquisiti su Roma quando ancora il sodalizio era attivo), al quale è stato confiscato, tra l’altro, un complesso turistico nel Golfo di Olbia. Un’area territoriale quest’ultima, che ha sollecitato gli interesse anche di soggetti collegati alla ‘ndrangheta attiva nel torinese. Ulteriori investigazioni hanno messo in luce l’interesse di alcune famiglie pugliesi e della criminalità calabrese nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse on line”.
Sempre secondo la DIA, tali consorterie non mirano al controllo del territorio, “quanto piuttosto a sfruttare le opportunità di riciclaggio nonché a ricercare accordi funzionali con organizzazioni autoctone per inserirsi nella gestione del mercato degli stupefacenti”.
La DIA, in questo senso, lancia un avvertimento: “Appare necessario un costante monitoraggio volto ad impedire il rischio di infiltrazioni nel tessuto socio-economico oltre alle attività preventive e repressive volte a contrastare gli altri traffici illeciti. Un interesse ad intraprendere queste attività criminali potrebbe essere manifestato dai nuclei familiari dei detenuti mafiosi ristretti presso gli Istituti penitenziari dell’isola, che si avvicinano ai loro congiunti per evitare il c.d. “pendolarismo per ragioni di colloquio”. Il perdurante trend economico negativo, aggravato dall’emergenza epidemiologica, può senz’altro incrementare il rischio di ingerenze criminali qualificate nei settori produttivi sardi”.
Come ben descrivono anche le cronache locali, il traffico di droga è un'attività radicata e redditizia che interessa anche le mafie con sodalizi di varia natura su tutto il territorio regionale: basti ricordare l'operazione Barber Shop che ha coinvolto 16 soggetti, tra cui 12 sardi, che si è svolta in Gallura a febbraio 2020. Un altro filone molto interessante è quello del traffico di rifiuti: un problema evidenziato anche dalla Corte di Appello di Cagliari.
Scrive la DIA: “A riguardo il 2 luglio 2020 la Guardia di finanza ha dato esecuzione nel territorio nazionale ad un’ordinanza di custodia cautelare a carico di n. 14 persone ritenute responsabili di un vasto traffico di rifiuti, riciclaggio, auto-riciclaggio e di una maxi evasione fiscale per oltre cinquantasei milioni di euro. In particolare, in provincia di Olbia è stato operato un sequestro di beni immobili di una società che, operando nel riciclo di materiali ferrosi li movimentava senza tracciatura occultandone l’origine e la successiva destinazione”. Capitolo a parte per gli appalti pubblici, per i quali la DIA ha effettuato un solo accesso in cantiere, ha controllato 50 persone fisiche, 12 imprese e 39 mezzi.
“Consapevole della delicatezza della missione istituzionale affdatale, la DIA continuerà a contrastare i tentativi di infltrazione della criminalità organizzata negli appalti pubblici sostenendo, nel contempo, tutte le componenti istituzionali impegnate nell’attività di contrasto mediante il supporto offerto dalle sue articolazioni centrali e periferiche”, si legge nella relazione.
In Sardegna, nel periodo di riferimento sono state emesse 5 interdittive. Per quanto riguarda il riciclaggio di denaro sporco, i numeri sardi sono i seguenti: 442 operazioni “Sos” attinenti alla criminalità organizzata e 1.255 reati spia; 92 di queste operazioni “Sos” sono potenzialmente collegate all'emergenza Covid-19. Insomma, in Sardegna la mafia c'è (anche se non uccide).
Alla luce di questi dati, sarebbe opportuno da parte dello Stato centrale rinforzare sia i Tribunali (in particolare quello di Tempio Pausania) sia i reparti investigativi locali, soprattutto per quel che concerne il riciclaggio di denaro sporco.
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