Friday, 22 November 2024

Informazione dal 1999

Cultura, Satira

Giuseppe Masia: il comico professore

Ritratto semiserio di uno dei cabarettisti più amati della Sardegna

Giuseppe Masia: il comico professore
Giuseppe Masia: il comico professore
Camilla Pisani

Pubblicato il 05 February 2021 alle 05:00

condividi articolo:

Olbia. Dissacrante, scanzonato, ironico: è Giuseppe Masia, comico e cabarettista di larghissima fama sul territorio (e non solo), che con il suo sguardo sornione sul mondo è riuscito persino nel complicatissimo intento di strappare un sorriso durante questo ultimo, tremendo anno di pandemia.

Classe 1963, dopo la laurea in Lingue e Letterature straniere, muove i primi passi nel cabaret nel 1991, anno nel quale vince il festival regionale del cabaret a Tonara, vittoria che gli apre le porte per esibirsi alla festa dell’Unità a Roma.

Durante i suoi trent’anni di carriera nello spettacolo, Masia dimostra una capacità prodigiosa nel caratterizzare personaggi di sua invenzione, paradossali e comici già nei nomi: Agospino (venditore di fazzolettini al semaforo), Billadu (parodia sarda di Osama Bin Laden), i Tenores di Britti (i coristi di Alex Britti); artista prolifico e mai banale, ha all’attivo 19 album, un dvd e svariate partecipazioni a programmi radiofonici.

Già dalla pubblicazione del primo album, avvenuta nel 1991, il successo è immediato: a Formaggio Fuso, suo lavoro d’esordio, segue nel 1993 Buffa!, che rimane il disco più venduto di tutta la sua discografia. Nel 1995 pubblica il terzo album, Cau&Boi, mentre nel 1996 presenta il lavoro prodotto col suo gruppo (Gli Ossi D’Uri), Fronte del Pascolo.

Il 1997 è l’anno di Supramont, titolo che richiama la figura del supereroe sardo che accorre in aiuto dei cittadini: all’interno dell’album, una collaborazione con Andrea Parodi, che in Nerone canta contro gli incendi.

Nel 1998 viene pubblicato Radio Masia, esilarante parodia di una stazione radio, tra caricature di personaggi famosi e intermezzi musicali; nel 2000 vede la luce NURO, che rappresenta una svolta nella popolarità di Masia.

Sempre sul filone della parodia, nel 2002 l’artista esce con Sardegna Campa, chiaro riferimento alla nota trasmissione di Videolina, Sardegna Canta: un album che mette insieme, in collaborazione con Giuliano Marongiu e Maria Pintore di Radio Internazionale, mette in mostra tutti i suoi personaggi (tra i quali Agospino, i Tenores di Britti, i muratori, Sandro Cau e i Neoneli per Casu).

Poi, in ordine cronologico, Sardi di fine stagione, Meglio dal vivo…che dal morto, Trusarò, 3008, L’Italia s’e rotta, Legagalline, Bene Meda, La Patata e Made in Domo, ultimo lavoro del 2019.

Ma la comicità di Masia ha un luogo d’elezione: la piazza come palcoscenico, e il palcoscenico come piazza; i monologhi del cabarettista, accompagnati dalla chitarra, prevedono un fortissimo coinvolgimento del pubblico, uno scambio emotivo, mentale e spesso anche fisico.

“Per chi è abituato a stare nelle piazze, a contatto con la gente, questo anno di pandemia è stato duro. Non potendo uscire di casa per stare in mezzo alla gente, ci si sente come cavalli in gabbia. Se, come tutti i professionisti del settore, ho dovuto fermarmi per quanto riguarda gli spettacoli, dal lato della creatività ho avuto l’occasione di fare moltissimo; nel mio studio di registrazione, ho potuto creare una serie di pezzi, di canzoni e monologhi, anche e soprattutto relativi al Covid. Beninteso che sono cose che ho fatto più per diletto mio e degli amici che per presentarle in pubblico prossimamente, dato che non credo che una volta finita la pandemia la gente avrà più voglia di sentir parlare di coronavirus” sorride Masia.

“Il mestiere più bello del mondo” così lo definisce il comico Masia, sottolineando il privilegio di libertà che regala il talento di chi sa far ridere.

E non sembra un mistero come sia riuscito a conquistare le piazze della Sardegna, carpendone l’attenzione per oltre trent’anni, senza mai cadere in un umorismo becero o scontato: i personaggi di Masia sono macchiette geniali, paradossali come il suo linguaggio, universali ma profondamente caratteristiche; riflettono lo sguardo scanzonato e leggero, mai superficiale, di chi li ha creati, e raccontano con un’ironia non comune la contemporaneità, senza risparmiarsi in satira, anche politica.

Uno che fa sorridere, ma soprattutto uno che sorride: “mi circondo di persone dall’attitudine positiva, vivo sempre in quei parametri di comicità in cui si cova la battuta, e in questo modo la creatività rimane in fermento – racconta Giuseppe -  e con l’ausilio della mia chitarra, che per me è la spalla per eccellenza, riesco a comporre pezzi comici. Quest’anno, l’unica occasione di esibizione live è stata a Platamona, con Pino e Gli Anticorpi, in un contesto molto piccolo. Ho fatto anche un po’ di radio, ma ho vissuto come un’esperienza tristissima l’esibizione a Carbonia, in un teatro vuoto, che mi ha dato una sensazione di desolazione assoluta. Per me che, durante gli spettacoli, coinvolgo fortemente il pubblico, essere privato di quello scambio è stata un’esperienza bruttissima. Se fai una battuta e non hai quel riscontro, per chi la stai facendo?”.

Ma non è mai cupa la riflessione di Masia: “dall’esperienza del lockdown ho cercato di trovare il lato positivo, anche in senso sociale, mandando un messaggio di incoraggiamento e prudenza a chi si trovava nel mezzo dell’emergenza – continua il comico, lasciandosi andare ad un carosello irresistibile di battute – e ho anche avuto l’occasione di conoscere la mia famiglia, ho scoperto che sono brave persone! Per non parlare della lista della spesa che mi veniva affidata da mia moglie, infarcita di tutte le cose più introvabili, tra curcuma e quinoa”.

Sdrammatizzare come rimedio alle difficoltà della vita: sembra essere un po’ la filosofia di Giuseppe Masia, che affianca la carriera artistica a quella di docente, portando la sua indole allegra nelle aule di scuola.

Con i ragazzi non bisogna aver paura di scherzare, anzi bisogna utilizzare le battute, il divertimento, come veicolo di apprendimento” spiega Masia, risolvendo in due parole il dilemma dell’autorevolezza e dell’autorità.

“Il segreto, sul palco come a scuola, è avere esperienza e competenza, e saperle trasmettere con ironia, gestendo le dinamiche di gruppo che si creano nelle classi. Una classe è come il Grande Fratello, si evidenziano le caratteristiche di ognuno. Questo è evidente sia nel normale svolgimento delle classi, che in occasione di eventi straordinari, come il concerto di fine anno che organizzo coinvolgendo tutti gli studenti, facendo particolarmente leva su quelli che presentano maggiori difficoltà. È su di loro che punto tutto, e vinco sempre la scommessa”.

Un accenno alla didattica a distanza: “è un vero disastro, tra difficoltà tecniche, di connessione, e la mancanza di una vera e propria relazione con i ragazzi. È una cosa surreale, un po’ come la lezione in presenza con la mascherina. Io ho alunni di prima che non ho mai visto in faccia. Manca l’espressione del volto, il sorriso, mancano quei dettagli che fanno la scuola”.

Trapiantato ad Olbia da più di vent’anni, Masia individua nella città il luogo dove ha vissuto le esperienze più piacevoli della sua vita: “è una città accogliente, piena di persone positive, allegre, sorridenti, dove ho creato dei bellissimi rapporti di amicizia. Ho costruito qui la parte migliore della mia vita, il concorso a scuola, la mia casa, la nascita dei miei figli, e in un certo senso anche il mio stesso successo”.

E conclude con i cinque “step” dell’amicizia con gli olbiesi: “il primo è ‘amico mì’, poi si passa a ‘socio’, poi ‘compare’, ‘fradì’ cioè cugino, e alla fine ‘masciu mè’, passaggio ultimo che rappresenta il massimo riconoscimento affettivo”; piccolo ritratto affettuoso della gente che gli fa da pubblico, con un pizzico di nostalgia per quelle piazze colme di gente e risate che il comico seduce e canzona benevolmente, abile e pungente come uno spadaccino dal fioretto d’oro.