Saturday, 26 April 2025
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Pubblicato il 19 November 2023 alle 06:00
Golfo Aranci. Salvatore Musella, classe 1947, conosciuto in paese come “Zio Tore”, pescatore professionista in pensione, racconta la sua attività tra aneddoti del passato e storie di vita di mare tipiche golfoarancine dei nostri giorni. “La vita di prima era una vita fatta solo di mare e pesca. La barca era come una casa” dice Tore. “quasi tutte le famiglie di Golfo Aranci erano famiglie di pescatori, e da bambini, i genitori ci affidavano un pezzettino di rete ed una barchetta a remi per farci imparare il mestiere; poi, crescendo, iniziavamo a pescare con loro per guadagnarci da vivere” continua a raccontare.
La sua famiglia, originaria di Ventotene, vanta ancora oggi l’imbarcazione da pesca più antica del paese ancora attiva: 104 anni e perfettamente funzionante. Imbarcato sulle navi da ragazzo e, di conseguenza, pescatore aiutante del padre solo nel tempo libero, una volta andato in pensione, Zio Tore decide di prendere la licenza da pesca e di tornare alle origini e a quei valori che la sua famiglia gli ha tramandato perché, dichiara: “Se mi togli la pesca e la barca sono un uomo morto. Il mare mi scorre nelle vene: è una linfa vitale, un motivo di vita!”. Anche se, quello del pescatore, è un mestiere che è cambiato molto nel tempo, in primo luogo per la retribuzione e poi anche per il tipo e la quantità del pescato, nonché in termini di condivisione.
Racconta ancora Zio Tore: “Prima essere un pescatore significava uscire in mare la notte, dormire in barca, tirare le reti, per poi calarle di nuovo e soprattutto sarcirle”. Quella che infatti oggi costituisce una fonte attrattiva di turismo, indispensabile per l’economia di Golfo Aranci, i delfini, per i pescatori erano dei guastafeste, tanto da essere chiamati in gergo “furoni” per la furia con cui rompevano le reti, “rubando” i pesci che con tanta fatica erano riusciti a catturare perché impigliati. Le reti costituivano lo strumento più importante, in quanto i tipi di pesca principalmente praticati erano quelli con le reti appunto: palancari o palamiti, tremagli, reti da posta lisce, circondario per i “mangiatutto” (connari). Il pescato del golfo consisteva soprattutto in: pesce azzurro, triglie, capone, lampughe, scorfani, pagelli (o fraolini), calamari, polpi, seppie, aragoste, astici e capre marine.
Una pesca che si starebbe man mano impoverendo, a detta di Tore, per motivi legati al turismo e ai rumori prodotti dalle grandi imbarcazioni che oggi navigano nei nostri mari e disturbano i pesci e cambiano l’ecosistema marino. “Alcuni pesci, come lo sgombro, non ci sono quasi più, mentre prima se ne prendevano quintali; e questo perché con la scomparsa della sardina si è spezzata la catena alimentare, in quanto questa costituiva la preda per eccellenza di bisari e sgombri” spiega zio Tore, e continua: “del mestiere del pescatore nel tempo a Golfo Aranci si può dire che quando avevamo il pane non avevamo i denti e adesso che abbiamo i denti non abbiamo il pane, perché in passato c’era molto pesce ma rendeva poco, mentre ora che sarebbe ben retribuito, il pescato scarseggia”. Inoltre, nei tempi passati, la pesca, quasi unica fonte di reddito di tutte le famiglie del paese, univa i golfoarancini: “Tra pescatori non esisteva la gelosia e la competizione di pesca era sana. C’era rispetto e ci si aiutava uno con l’altro nelle difficoltà, soprattutto con il maltempo perché si sa, in mare ci sono tanti pericoli e il mare non va mai sfidato. Per noi erano importanti i valori della generosità e della condivisione: quando stavamo settimane fuori perché pescavamo in coste più lontane, ci univamo tra pescatori e cucinavamo la zuppa di pesce sugli scogli per poi mangiarla tutti insieme, spartendola tra tutte le barche presenti. E ancora: per alcuni punti dove si calavano le reti, i posti non bastavano perché le barche erano di più e allora si calavano le reti a turno per non lasciare nessuno a mani vuote. Ricordo mio padre che faceva sempre un gesto insolito, quando rientravamo a terra, regalava dei pesci a chi non era pescatore e io non capivo perché dato che anche noi eravamo poveri; ma lui mi diceva: “Se oggi dai, domani Dio ti fa prendere di più”. E così succedeva. Mi ha lasciato un grande insegnamento con il suo esempio” ricorda ancora Zio Tore.
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