Saturday, 19 April 2025
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Pubblicato il 19 April 2025 alle 13:00
Olbia. Si ripete il rito della tradizione de S'Iscravamentu, uno dei momenti centrali della settimana santa che in città vede protagonista la chiesa di San Paolo e la Confraternita Santa Croce. Ad accogliere fedeli e turisti una chiesa che si prepara a condividere momenti carichi di forti emozioni e condivisioni che coinvolgono sia i più credenti che i visitatori stranieri accorsi dal corso.
Il rito de S'Iscravamentu nella chiesa di San Paolo affonda le radici nei secoli passati, e Paolo Budroni confratello della Confraternita di Santa Croce ci addentra nella storia di questi momenti. "La Confraternita ha origini lontane, nasce nel 1500, al momento siamo 16 confratelli e 3 consorelle, il Priore viene eletto da noi e cambia ogni anno, come da Statuto, la scelta della partecipazione è libera, non devono mancare valori morali, personali e cristiani".
Scopriamo che non si tratta di un ruolo che viene tramandato di padre in figlio, e che comporta l'impegno maggiore nella settimana santa, "il mercoledì tutta la Confraternita e le loro famiglie - racconta Budroni- svolgono una sorta di ritiro, molto sentito e partecipato in vista di questa giornata".
Budroni conferma l'arrivo di novità e nuova linfa anche grazie al nuovo Parroco don Gianni Satta, portatore di innovazione senza dimenticare la tradizione. Dopo la lettura del rito in lingua sarda a partire dal 2015 ecco giungere i lettori laici, l'antropologo Bachisio Bandinu e lo scrittore Marcello Fois e quest'anno è la volta dell'archeologa Maria Antonietta Mongiu, la prima donna a raccontare i riti dello schiodamento.
Don Gianni Satta conferma come queste innovazioni siano frutto di scelte dovute ad "un percorso completo che riguarda sia la lingua, (già dal 2015 il rito viene letto in lingua sarda e per due volte anche in gallurese), ma -specifica- oltre la lingua riguarda il senso dell'essere umano, nella sua dualità, nell'essere uomo, nell'essere donna, l'aspetto femminile di una lettura della situazione non è molto presente nelle comunità pur svolgendo le donne grandissime funzioni, sono molto presenti a livello dei gesti concreti, non lo sono altrettanto a livello della parola, dell'espressione verbale, vocale".
"Va ricordato che dare parola del mistero di Dio, dell'umanità non è compito semplicemente dell'uomo - spiega don Satta- ma dell'essere umano, come uomo e come donna, pertanto questo è il percorso, che dà ecclesiale, diventa anche culturale e storico. Nella paraliturgia c'è uno spazio immenso in cui operare e mi pareva importante, come parroco, per questa comunità credente, per questa città che una realtà compiuta come questa vedesse tutti protagonisti nel mistero della morte e resurrezione di Nostro Signore".
"Siccome viene utilizzata anche la lingua sarda - conclude don Satta- la professoressa Mongiu mi pare sia un'interprete autorevole, parla fluentemente il sardo, e ha accettato ben volentieri questa provocazione, questa sfida, di mettere per iscritto quelli che sono i suoi sentimenti, quello che lei pensa e racconta, uno scritto che in qualche modo definisce la persona e fa in modo che quella scrittura non le appartenga, un po' come quando una donna genera un figlio, è suo, ma quando nasce non è più suo, è chiamato a camminare da solo, sicuramente accompagnato ma libero verso una nuova autonomia".
"C'è un intreccio di motivi per me importanti anche in questa occasione, sia dal punto di vista antropologico che dal punto di vista ecclesiale, raccontare di una vita che sia riconciliata, ma la grande riconciliazione non è con se stessi, è con l'altro, e l'altro significa l'alterità e la vera riconciliazione è quella tra l'uomo e la donna".
La professora Maria Antonietta Mongiu si prepara intensamente e accoglie questo onore e questa responsabilità in un modo unico. Un'analisi profonda, commossa, raccontata in logudorese, con grande empatia e coinvolgimento, uno "schiodamento" che viene raccontato anche attraverso le opere d'arte della storia, che vede il culmine nel citare la madre addolorata, ma non solo colei che piange ai piedi della croce, ma tutte le madri che piangono i figli in guerra, con l'augurio che la resurrezione dello spirito riguardi ogni essere umano. E nel momento della presentazione del figlio alla madre ecco che si compie un rito, che dal dolore fa rinascere l'amore e la speranza con un'intensa partecipazione che culmina con la processione seguita per le vie del centro storico, ancora una volta testimone di fede, amore e speranza, attraverso la celebrazione della vita.
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