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Olbia 18/11, intervista a Don Theron Oscar Casula: "Dal fango è nata la solidarietà"

Le parole del parroco di San Michele Arcangelo e Sant'Antonio

Olbia 18/11, intervista a Don Theron Oscar Casula:
Olbia 18/11, intervista a Don Theron Oscar Casula:
Patrizia Anziani

Pubblicato il 18 November 2024 alle 14:00

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Olbia. Quel terribile 18 novembre 2013 il ciclone Cleopatra si abbatté sulla Sardegna, seminando morte e distruzione. In Gallura, la furia dell'acqua si portò via molte vite. A Olbia, Anna Ragnedda, 83 anni, venne travolta dall'acqua nella sua casa in via Lazio; Francesco Mazzoccu, di 37 anni, perse la vita insieme al suo figlio piccolo Enrico; Patrizia Corona, 42 anni, e la figlioletta Morgana rimasero intrappolate nella loro auto in via Cina; Maria Massa di 88 anni non riuscì a mettersi in salvo. Ad Arzachena la furia del ciclone portò via un'intera famiglia: Isael Passoni, 42 anni, sua moglie Cleide Mara Rodriguez, 42 anni, e i loro figli Laine Kellen, 16 anni, e Weriston, 20 anni.
Particolarmente drammatico fu il crollo della strada statale 38 di Monte Pino, dove persero la vita Bruno Fiore, 68 anni, Sebastiana Brundu e Maria Loriga, di 61 e 54 anni, le loro auto furono inghiottite dal cedimento improvviso del manto stradale.
La furia di Cleopatra non risparmiò altre zone della Sardegna: a Uras perse la vita Vannina Figus, 64 anni; a Torpè, Maria Frigiolini, 88 anni. Tra le vittime anche l'agente di polizia Luca Tanzi, 40 anni, originario di Urzulei, che perse la vita mentre prestava soccorso durante l'emergenza.

A undici anni da quella tragedia, abbiamo incontrato Don Theron Oscar Casula, parroco della chiesa di San Michele Arcangelo e di Sant'Antonio, quest'ultima è stata l'unica chiesa di Olbia ad essere stata invasa dal fango durante quell'evento tragico.

Don Theron, sono passati 11 anni da quel tragico evento. Che ricordo ha di quella notte?

"Il 18 novembre 2013 è una data che ha segnato profondamente la nostra comunità. Il ciclone Cleopatra si abbatté con una violenza inaudita sul versante orientale della Sardegna, e Olbia fu la città che pagò il prezzo più alto in termini di vite umane e danni. La nostra chiesa di Sant'Antonio, come le case di migliaia di famiglie, fu invasa dal fango portato dalla piena del rio Gadduresu e del rio Seligheddu".

Quali furono le zone più colpite?

"L'acqua e il fango attraversarono interi quartieri, dalla frazione di Putzolu fino ai quartieri urbani di Pasana, Isticcadeddu, Gregorio, Baratta, Tannaule, Santa Maria, arrivando fino alle zone vicino allo stadio Nespoli. Anche il quartiere San Nicola subì gravi danni a causa dell'esondazione dell'omonimo rio. La vita si fermò per mesi nelle zone limitrofe ai corsi d'acqua".

Due anni dopo, nel 2015, ci fu un'altra alluvione...

"Sì, purtroppo i quartieri di Isticcadeddu e Baratta furono colpiti nuovamente. Anche se di minore intensità rispetto al 2013, quell'evento riportò alla mente i tragici ricordi e rinnovò la paura nelle famiglie che stavano ancora cercando di riprendersi dalla prima alluvione".

Come fu colpita la vita quotidiana della comunità?

"L'alluvione del 2013 fermò completamente la vita delle famiglie nelle zone colpite. Furono travolte dal fango le attività lavorative, la quotidianità delle persone, la vita delle famiglie, le attività scolastiche. Persino il Natale 2013 e il Capodanno 2014 passarono quasi inosservati per le famiglie dei quartieri alluvionati. La nostra chiesa di Sant'Antonio, unica tra le chiese della città ad essere colpita, fu anch'essa invasa dal fango quella sera del 18 novembre".

Come reagì la comunità di Olbia a questo tragico evento?

"In mezzo a tanta devastazione, emerse qualcosa di straordinario: un fiume di solidarietà più forte dell'alluvione stessa. Prima ancora dell'intervento delle forze dello Stato, centinaia di volontari da tutta la Sardegna e dal continente si mobilitarono per aiutare. Nella nostra chiesa di San Antonio, trasformata in centro di soccorso per il territorio della parrocchia di San Michele Arcangelo, oltre 300 volontari, supportati dalle Misericordie della Toscana, dalla Brigata Sassari e dalla Caritas italiana, lavorarono instancabilmente per aiutare circa 1.500 famiglie alluvionate".

Che tipo di aiuto venne fornito?
"I volontari spalarono fango, pulirono case, distribuirono beni di prima necessità. Per diversi giorni, furono distribuiti oltre 1.000 pasti caldi al giorno. La solidarietà non si fermò mai, dimostrando come la comunità sapesse reagire nei momenti più difficili".

Come mantenete vivo il ricordo di quei giorni?

"Ogni anno, il 18 novembre alle 18:30, celebriamo una Messa di commemorazione nella chiesa di San Antonio. È un momento per ricordare le vittime, ma anche per esprimere gratitudine per la straordinaria solidarietà ricevuta. Preghiamo anche affinché eventi come quelli del 2013 e del 2015 non si ripetano mai più con conseguenze così drammatiche".

Quale messaggio vuole lasciare a chi leggerà questa intervista?

"C'è una immagine che porto nel cuore di quella notte del 18 Novembre, fissata da una foto in cui si vede la chiesa di S. Antonio immersa nell'acqua dell'alluvione, unico edificio ad essere illuminato mentre era mancata la luce nelle strade e nelle case circostanti. Mi è parso un segno profetico con il quale esprimere due sentimenti contrastanti di quell'evento: la tristezza per le vite perse, ma anche la gratitudine per aver scoperto che anche nella notte più buia può brillare la luce della speranza e della solidarietà.
Nei tempi bui che oggi affrontiamo a causa di guerre e altre situazioni causate dall'uomo, la comunità umana saprà trovare la forza di rialzarsi attraverso la condivisione della speranza, della fraternità e della solidarietà.
La stessa cosa vale per ogni persona o famiglia che affronta particolari difficoltà, non chiudiamo mai il cuore alla speranza. Per ogni uomo e donna di buona volontà, non cessi mai la nostra attenzione verso il prossimo che incontriamo lungo la strada della vita, imparando sempre più a prenderci cura gli uni degli altri".