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Il mio ricordo di Manlio Brigaglia - di Guido Rombi

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Il mio ricordo di Manlio Brigaglia - di Guido Rombi
Patrizia Anziani

Pubblicato il 16 March 2019 alle 20:33

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IL MIO RICORDO DI MANLIO BRIGAGLIA

Credo d'essere stato dopo il poeta e saggista Franco Fresi ‒ legato a Manlio Brigaglia da speciali rapporti personali e non solo professionali ‒ il tempiese che più ha avuto stretti rapporti professionali col Professore.

Professor Brigaglia ha infatti onorato molto anche me della Sua amicizia e insegnamento per ben 28 anni, da quando ‒ nel 1990 ‒ impegnato nella tesi di laurea sul “Movimento cattolico e la DC in Sardegna” per l'Università Cattolica di Milano, andavo a fargli visita a casa, sempre accolto con grande disponibilità, simpatia e direi amicizia.

Mi chiamava però, a primo saluto, Bruno e non Guido per via del poeta calasettano Bruno Rombi che evidentemente conosceva da vecchia data (ma anche mio padre era di Calasetta). Lo avrebbe fatto diverse volte.

Fu Lui, poco dopo essermi laureato, che mi fece debuttare come scrittore facendomi scrivere la voce «Tempio» nel libro Il Limbara, edizioni Edisar 1992, a cura di Franco Fresi.

Fu Lui a farmi sapere, di lì appresso, che era stato bandito un dottorato di ricerca in storia sociale e religiosa con professor Agostino Giovagnoli (ma mi "deluse" perché chiedendogli cosa a suo parere dovessi studiare, mi disse di arrangiarmi da solo, che ci avevo fatto una bella tesi di laurea e altri studi in tema alla Cattolica).

Lo vinsi quel dottorato, ed ebbi così modo di maturare una esperienza importantissima di formazione interagendo con alcuni dei più importanti storici italiani tra cui anche il professor Andrea Riccardi (il carismatico fondatore della Comunità di Sant'Egidio).

Nel dicembre 1995 il Professore presentò a Tempio il mio primo libro La cultura cattolica e la Dc in Sardegna, edito dalla Associazione culturale De Gasperi di Sassari. (Ricordo che gli avevo portato le bozze e che me le restituì a tempo di record piene zeppe di correzioni: non pensavo che fosse scritto tanto male e infatti non lo era; mi capitò di dirlo a sua moglie Marisa che si fece una bella risata dicendomi che faceva così con tutti, inclusi famosi nomi. E che lo faceva perlopiù la sera, dopo cena, davanti al televisore: aveva una capacità di lavoro incredibile. Studiai però letteralmente quella correzione e ne trassi molti suggerimenti che avrebbero arricchito per sempre la mia scrittura).

Poi dopo il dottorato fu Lui, l'11 giugno 2000, a recensire a tutta pagina su «La Nuova Sardegna», il mio Chiesa e società a Sassari dal 1931 al 1961 (edizioni Vita e Pensiero) da poco pubblicato, che era l'evoluzione della tesi dottorale.

Fu ancora Lui, pochi mesi dopo, nel novembre 2000, a segnalarmi come coordinatore storico di un concorso/ricerca bandito dalla Provincia di Sassari che vide dieci giovani laureati impegnati sulla storia della provincia di Sassari dal 1869 al 1999. La ricerca si concluse nel 2003.

E fu Lui nello stesso periodo di tempo a propormi a Carlo Delfino per scrivere la biografia del famoso sassarese (e non solo) don Enea Selis. Lo avevo conosciuto bene, personalmente, a Roma e ne avevo già scritto molto nel libro sulla Chiesa sassarese. Io me ne dovevo quindi occupare. Non gli diedi però le bozze di questo libro, sia per non gravare troppo, sia perché dopo gli intensi anni del dottorato mi sentivo pronto a fare da solo. Ci fu ovviamente anche il Professore a presentare insieme ad altri importanti relatori Don Enea Selis, un protagonista sardo del '900 nell'affollatissima aula magna della Facoltà di Lettere a Sassari. Era il 12 dicembre 2003.

Quanto alle edizioni Delfino, fu sempre il Professore a indicare a Carlo Delfino dei tre libri “antichi” che gli avevo proposto (gli altri due erano quelli sulle tradizioni popolari della Gallura di Francesco De Rosa e Maria Azara), la ristampa nel 2003 di La Gallura. Studi storico-sociali del tempiese Silla Lissia, di cui scrissi la presentazione. Cadeva il centenario della pubblicazione (era stato pubblicato dalla Tipografia Tortu di Tempio nel 1903).

Di nuovo fu Lui ‒ a mia richiesta ‒ a farmi pubblicare il 25 maggio 2003 un lungo articolo sulla cronaca di Sassari de «La Nuova» dal titolo Ecco la vera storia del voto alla Madonnina, concernente il famoso voto della città di Sassari alla Madonna delle Grazie del 30 maggio 1943 per scongiurare il rischio di bombardamenti, voto che da allora si rinnova ogni anno.

Come ci fu anche il Professore nel maggio 2006 a Villa Mimosa a Sassari, a presentare, insieme al prefetto Carlo Mosca capo di gabinetto del ministro dell’interno ‒ presenti tutti i prefetti della Sardegna ‒ il mio libro successivo: Gli Anni difficili 1944-1949. La Provincia di Sassari nelle relazioni dei prefetti. (Questo libro fu tutto una mia idea e realizzazione; ciononostante fu Lui, che da dietro le quinte ne seguiva forse il percorso a suggerire a Carlo Delfino il titolo principale "Gli anni difficili 1944-49", scalando a sottotitolo la mia indicazione: "La provincia di Sassari nelle relazioni dei prefetti". Ecco: ricordo che per questo libro lo avevo chiamato solo un paio di volte perché mi “sciogliesse” le sigle di certi Istituti del periodo della prima ricostruzione postbellica, mai sbagliandone una: aveva una memoria formidabile).

Forte ormai di un certo curriculum il Professore mi incluse e dedicò non poco spazio nel volume 8 della monumentale Grande Enciclopedia della Sardegna da Lui curata nel 2007.

Successivamente meno frequenza di rapporti per alcuni anni, fino al 2014 quando lo interessai al mio database "Grande guerra Sardegna" di cui primo fra tutti capì la rilevanza: prima segnalandomi a professor Mattone per il Convegno del Centenario della Grande guerra (Sassari, 15-17 dicembre 2015) cui partecipai come relatore, poi definendo questo database «straordinario» il 30 ottobre 2017, nella sua rubrica quotidiana sulla «Nuova Sardegna» (precedendo così i non pochi successivi riconoscimenti ricevuti, specialmente sull'«Unione Sarda»): dispiaciuto anche Lui per la distrazione delle Istituzioni che avrebbero dovuto e dovrebbero "adottarlo".

Sapeva il Professore anche di uno dei miei ultimi lavori ‒ ancora inedito ‒ sulla Gallura (uscirà a breve in un apposito sito internet): gli avevo chiesto consigli su traduzioni e diritti editoriali.

Di mio per Lui poco: mi cercò per informazioni diciamo da bibliotecario: per una bibliografia ragionata sugli stazzi che avevo compilato, utile per il libro Gallura. Gli Stazzi scritto con Franco Fresi e pubblicato nel 2016; e per sapere di un fatto di sangue di cui scrisse poi nella sua rubrica coi lettori su «La Nuova», con troppi ringraziamenti al sottoscritto per la notizia recapitatagli.

Chiudo questo ricordo riflettendo e facendo notare che io non ero stato un allievo di Manlio Brigaglia: non lo avevo avuto insegnante a scuola o all’università, né durante il dottorato ‒ che egli pur mi aveva consigliato ‒ interagii mai con Lui (anche perché l’argomento esulava dalle sue pur vastissime competenze); e anche in seguito il nostro rapporto non fu mai contrassegnato da rapporti stretti e costanti ma scandito solo dai miei personali ritmi intellettuali.

Eppure… eppure gran parte del mio curriculum ‒ di certo le pagine più significative ‒ si è snodato ad oggi attraverso Manlio Brigaglia. Questa “terzietà” di rapporto e rapporti da un lato dicono della sua lungimiranza e della sua grande statura intellettuale e morale, dall’altro significano chiaramente che il Professore mi stimava.

La perdita di Manlio Brigaglia davvero appare enorme e non colmabile a breve. Egli è stato senza dubbio il più grande intellettuale sardo dal dopoguerra ad oggi: altri diranno nel tempo a questo riguardo. Non c'è più per la cultura sarda (e non solo), non c'è più per tanti, non c'è più per me. Come ho “sinteticamente” narrato c’è infatti molto ma molto Manlio Brigaglia (anche) nel mio percorso intellettuale e di conseguenza nella mia “”storia” personale. E ciò è per me è motivo di grandissimo orgoglio.

Un infinito Grazie, Professore.

Guido Rombi