Saturday, 14 December 2024
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Pubblicato il 13 December 2024 alle 22:00
Monti. Nello studio immerso nei boschi di Monti, il decano degli artisti galluresi Lino Pes ci accoglie con lo sguardo penetrante dei suoi occhi azzurri, specchio di una vitalità intellettuale intatta. Nato a Olbia nel 1940, la sua formazione artistica inizia precocemente, nutrita da un profondo interesse per l'artigianato isolano che lo spinge a viaggiare e studiare all'estero. L'ammissione alla prestigiosa Scuola Superiore di Belle Arti di Parigi segna un momento cruciale, aprendo i suoi orizzonti ai fermenti culturali più significativi degli anni Sessanta e Settanta. Le sue serigrafie vengono presto accreditate e accolte nelle collezioni di diversi musei nazionali ed internazionali.
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Pioniere nel panorama culturale olbiese, fonda e dirige la Galleria d'Arte Guernica, prima nella città. Dal 1960, anno della sua prima personale, inizia un intenso percorso espositivo che lo vede protagonista di mostre e rassegne in Italia e all'estero.
La sua ricerca artistica si sviluppa lungo due direttrici principali: da un lato, in campo figurativo, si pone come erede della tradizione dei grandi maestri sardi del Novecento, contribuendo al rinnovamento della pittura isolana. Dall'altro persegue una ricerca non figurativa di tendenza concettuale che, in alcuni casi, ha precorso importanti sviluppi dell'arte internazionale, utilizzando tecniche e materiali inusuali che hanno attirato l'attenzione della critica più attenta e del collezionismo più sofisticato.
Il suo linguaggio artistico, che lui stesso definisce "improntale", spazia dalla pittura alla scultura innovativa, dalla ceramica raffinata all'assemblaggio di materiali di recupero. Nella sua opera, i materiali assumono un ruolo da protagonisti: legni levigati dalle onde del mare, porte antiche che portano i segni del tempo, oggetti quotidiani apparentemente dimenticati trovano nuova vita e dignità artistica. Pes dimostra una sensibilità particolare nel cogliere e preservare quella che lui chiama la "memoria dei materiali", trasformando ogni elemento in un narratore silenzioso di storie passate.
La precisione del geometra dialoga con la profonda sensibilità dell'artista nelle sue composizioni, trovando massima espressione nel complesso realizzato per la Chiesa della Sacra Famiglia, progettata dall'architetto Vico Mossa. Qui, campanile, decorazioni in bronzo e il monumentale retablo testimoniano la maturità di un professionista capace di fondere tecnica e spiritualità.
Le sue opere, presenti in prestigiose collezioni pubbliche e private della Sardegna, testimoniano l'evoluzione di un linguaggio artistico originale e profondamente radicato nella cultura dell'isola. I musei di Villanova Forru, di Arte Contemporanea di Atzara e di Ozieri conservano importanti nuclei del suo lavoro, permettendo al pubblico di apprezzare le diverse fasi della sua ricerca artistica.
Tra le sue opere più recenti e significative spicca la collaborazione con Umberto Cocco per il volume "Pandelas", commissionato dal Comune di Sedilo: un lavoro attraverso trentasette dipinti di straordinaria intensità che sposa con arte magistrale il ciclo di sculture in ceramica rossa: i sorprendenti cavalieri che sembrano librarsi nell'aria. Un percorso artistico dove Pes ha saputo cogliere l'essenza più profonda dell'Ardia di San Costantino, trasformando uno dei riti più antichi della Sardegna in poesia visiva contemporanea.
Nell'arte di Pes, la memoria non è mai nostalgia sterile, ma diventa strumento di rinnovamento. Ogni opera è un ponte tra passato e presente, in un dialogo continuo che nutre e rinnova il panorama artistico della Sardegna.
Lino, il suo lungo percorso artistico dagli anni Sessanta a oggi è ricco di sperimentazioni. Può raccontarci quali sono stati i momenti più fecondi della sua ricerca artistica?
"Nella mia arte c'è sempre stato un filo conduttore: il concetto dei simboli vitali che si intrecciano con i movimenti più importanti degli anni Sessanta, dalla Pop Art americana a quella italiana. Il momento più significativo è stato l'incontro con l'opera di Rauschenberg, che mi ha dato un'emozione fortissima, spingendomi a tralasciare una descrizione puramente figurativa per immergermi nel concetto di composizione coloristica. Il mio lavoro si è arricchito di una simbologia apparentemente ermetica, che trova le sue radici nella straordinaria cultura dei Navajo.
Quest'ultimo era un popolo dalla spiritualità profonda, capace di utilizzare con delicatezza la natura nelle sue manifestazioni più pure. Abilissimi decoratori di ceramiche, i Navajo realizzavano soprattutto grandi dipinti utilizzando le sabbie colorate del deserto. In particolare, sono rimasto affascinato dalla figura dello sciamano che, attraverso disegni sulla polverosa terra, creava veri e propri dipinti effimeri nel deserto. Queste opere, destinate a essere cancellate dal tempo, erano simultaneamente segni artistici e rituali per il controllo degli elementi, un ponte tra le forze naturali e quelle preternaturali.
Ho reinterpretato questa simbologia ancestrale attraverso il filtro della classicità greca, della cultura protonuragica e mesopotamica, trasformandola in elementi di scrittura artistica contemporanea. La precisione matematica nel mio lavoro deriva dalla mia passione per la cultura greca, dove la simmetria si unisce all'esaltazione del mito. Questa tradizione ha influenzato tutta la civiltà occidentale attraverso la sua capacità di essere sia pratica che intellettuale".
Lei lavora spesso con materiali di recupero, in particolare legni consumati dal mare. Che significato ha per lei questo dialogo con la materia e la memoria degli oggetti?
"Nel rapporto con i materiali naturali, porto con me una passione che risale all'infanzia, quasi fossi un naturalista sul campo. Mi affascinano non solo i materiali scartati dall'uomo, ma soprattutto quelli trasformati dagli elementi naturali: il legno modellato dal vento e dal mare, le conchiglie frammentate, i nidi abbandonati. Quando osservo questi oggetti sulla spiaggia, sento che ognuno porta con sé una voce, una storia. Non è una forma di follia, ma un profondo legame emotivo con la materia e la sua memoria".
Come descriverebbe il nucleo centrale, l'essenza del suo lavoro artistico?
"Il senso del mio lavoro ha come punto focale il coinvolgimento totale dell'idea nelle cose. Nell'arco degli ultimi quarant'anni, pur rappresentando aspetti contemplativi anche nell'affrontare la pittura figurativa in un diuturno esercizio sintattico, non ho trascurato i veri aspetti del fare pittura, che si sono rivelati volubili, giocati sul doppio binario della sperimentazione e della pittura tout court.
Una mia mostra antologica nel 2003 presso il museo naturalistico di Sa Corona Arrubia prendeva il suggestivo titolo 'Dell'ignoto e dell'altrove'. La mostra, curata dal giovane direttore del museo, il professor Paolo Sirena, catalogava tutto il filone sviluppatosi a cavallo degli anni Ottanta. Questa produzione ha rivolto l'attenzione del professor Salvatore Naitza nelle 'Nuove tendenze a confronto negli anni dell'autonomia 1957-1983' ed è stata recensita nel catalogo dal titolo 'Ironia e ingenuità dell'indaco' a firma della professoressa Giuliana Altea.
In alcuni di quei lavori, trasferivo sulla tela bianca i reperti trovati ai bordi delle maree e dopo gli incendi, riempivo le stanze con veli, piedi di uccello mescolati ad altri elementi fittizi da me eseguiti. Sembravano cascami di vernici, corde e reti, resti di animali marini e terrestri, crani di roditori di fiume e nidi, tutti fissati e chiusi dentro teche di vetro, legno e ferro. Li mostravo come una volta si faceva con i "santini" nelle fiere di paese, preservandoli per la posterità.
Il retablo della Sacra Famiglia rappresenta uno dei suoi lavori più significativi per la città di Olbia: può raccontarci come è nato questo progetto e quale significato spirituale e artistico ha voluto trasmettere attraverso quest'opera?
"Il progetto è nato da un concorso bandito dalla comunità parrocchiale della Sacra Famiglia per la realizzazione del fondale dell'abside presso l'altare principale. Mentre altri artisti, ceramisti e scultori, presentarono le loro proposte, io scelsi di interpretare il tema in chiave moderna, concependo un retablo realizzato su tela con dipinti ad olio, impreziositi da cornici laminate in oro.
I temi rappresentati nei dipinti furono concordati con l'allora Vescovo di Tempio Ampurias, monsignor Pietro Meloni, e con il parroco don Augusto Addis. L'idea centrale era quella di rappresentare la famiglia in diversi contesti, creando un percorso visivo che riprendesse e amplificasse il tema stesso della Chiesa, presente fin dalla sua facciata e dalla sua intitolazione. Volevo che ogni pannello raccontasse un aspetto diverso della dimensione familiare, creando un'opera che fosse al tempo stesso moderna nella forma, ma profondamente legata alla spiritualità e alla tradizione".
L'artista Lino Pes in una foto di Paolina Brais (giugno 2024).
Guardando alla Sardegna di oggi e al panorama artistico contemporaneo, quale messaggio vorrebbe trasmettere ai giovani artisti che stanno iniziando il loro percorso?
"Mi piace molto visitare mostre d'arte. Nel corso degli anni ho collezionato migliaia di cataloghi di esposizioni dai più importanti musei. In queste opere, anche quelle realizzate trenta, quaranta o persino cento anni fa, trovo elementi ancora vivi e attuali per il nostro mondo, utili per affrontare un futuro che, a uno sguardo superficiale, può apparire incerto. È proprio attraverso il lavoro degli altri artisti, anche quelli considerati più modesti, che troviamo spunti di riflessione preziosi.
Ai giovani artisti vorrei dire che questa professione è una vocazione, un destino segnato. Non è una vita facile, soprattutto perché l'arte, e in particolare la pittura, può essere un'attività molto solitaria. Penso a Picasso che dipingeva in ciabatte e solitudine, ma aveva poi la possibilità di confrontarsi con altri artisti, di discutere il lavoro fatto. Oggi questa tradizione del confronto e dello scambio si sta perdendo, e spesso non si riconosce più il valore dell'esperienza e dell'autorevolezza artistica".
Oggi, nel giorno del suo ottantaquattresimo compleanno, mentre ci avviciniamo al 2025, cosa si augura Lino Pes, l'artista che ha saputo fondere l'anima di Olbia con quella di Monti?
"La mia preoccupazione, in questa fase della vita, è quella di trovare una giusta collocazione per alcune mie opere che considero particolarmente significative. Ci sono lavori che possiedono una grande importanza per me, alcuni dei quali si trovano in collezioni private tra Cagliari e Sassari, raccolte discrete che forse non hanno dato la giusta visibilità a queste opere. Il mio augurio è di riuscire a creare un ponte tra passato e futuro, affinché questi lavori possano trovare la loro dimensione ideale e continuare a dialogare con le nuove generazioni. Non è tanto una questione di riconoscimento personale, quanto piuttosto il desiderio di assicurare che il messaggio artistico che ho cercato di trasmettere in tutti questi anni possa continuare a vivere e a comunicare con chi verrà dopo di me".
Lino Pes è un artista che ha saputo intrecciare con maestria la storia della nostra città con la contemporaneità, trasformando la memoria in arte viva. Lo ringraziamo per averci aperto le porte del suo studio e della sua vita artistica, condividendo con noi e con i nostri lettori un percorso straordinario che continua a essere fonte di ispirazione per le nuove generazioni. Il suo lavoro rappresenta non solo un ponte tra passato e presente, ma anche un faro per il futuro dell'arte in Sardegna.
In questo giorno speciale, nel segno di Santa Lucia, porgiamo i nostri più sentiti auguri al maestro Pes ormai divenuto olbiamontino.
Grazie, maestro Pes, per aver condiviso con noi questo momento importante e per continuare a essere un punto di riferimento per l'arte e la cultura, con la speranza che il suo messaggio artistico continui a illuminare e arricchire il patrimonio culturale della Gallura e della nostra Isola.
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