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Pubblicato il 01 May 2018 alle 05:48
È la chiesa fuori porta che tutti trovano aperta in ogni ora del giorno, quella che a maggio vede arrivare i tradizionali pellegrinaggi quotidiani a piedi, partiti discretamente all’alba da Olbia ed ora malauguratamente costretti a passare qua e là fra i capannoni della zona industriale, assai meno poetici dei campi in fiore imbiancati dalle greggi, che un tempo separavano la città dal “santuario” campestre più amato dagli olbiesi.
È la chiesa di Nostra Signora di Cabu Abbas, sorta dove in età romana era la sorgente che alimentava l’acquedotto romano di età imperiale, il caput aquae ereditato dal nome della località trasposto in sardo logudorese. Nessuno aveva mai spiegato ufficialmente e con competenza ad un gruppo di curiosi e cercatori del sapere i significati di quel retablo dai colori scuriti dal tempo, quasi trascurati e dimenticati, il quale si trova sull’antico altare di stucco, diventato inutilizzato col nuovo rito della Messa, e che con tratto vernacolare un ignoto pittore dipinse quasi due secoli fa, forse anche lui come ex-voto. A farlo domenica mattina è stato il dott. Gian Battista Faedda, che ha spiegato ai presenti le raffigurazioni dei Misteri gaudiosi del Rosario rappresentate con un’avvincente esposizione seguita con grande attenzione dai partecipanti all’ArcheGo -Lezione in cammino organizzata dalla associazione culturale Larathanos, secondo una formula inaugurata due anni fa e che fa della qualità e dell’originalità delle proposte culturali la sua filosofia fin dagli esordi.
Finita la prima lezione il gruppo dei partecipanti si è spostato a piedi in direzione del rudere della chiesa di Sant’Eliseo, ubicato in territorio comunale di Golfo Aranci, attraversando prima la regione di Conia, dove ha fatto una breve sosta presso la scuderia di cavalli che da molti anni caratterizza questa zona. I terreni interessati, da Conia fino al Golfo di Cugnana, erano anche nel medioevo occupati dagli allevamenti di destrieri dei Giudici di Gallura, come risulta dai documenti del tempo. Questo è dovuto sicuramente al clima, ma soprattutto alla composizione del terreno, pianeggiante e prevalentemente sabbioso, che insieme costituiscono l'ambiente congeniale per la crescita e lo sviluppo di questa specie animale, come è stato spiegato da Lorenzo Curreli, proprietario dei cavalli che con un festoso giro al galoppo hanno accolto la comitiva.
La chiesa di Sant’Eliseo profeta, invisibile dall’esterno a causa della fittissima vegetazione che negli anni ha finito per avvolgerne i ruderi, sorge prossima alla ferrovia, ed è stata oggetto di un articolo di M. Agostino Amucano scritto per Olbiachefu nel gennaio del 2017 (leggi qui). Lo stesso archeologo, presidente della Larathanos organizzatrice dell’evento, ha mostrato le caratteristiche planimetriche dell’edificio, che con la sua lunghezza di oltre 32 metri costituisce la chiesa più grande dell’agro circostante la città di Olbia. Grande la soddisfazione dei presenti, nonostante la giornata un po’ calda. Anche nel caso di Sant’Eliseo, è stato per la prima volta che un gruppo di persone regolarmente guidato ha potuto accedere e vederne direttamente i resti, per i quali non può che auspicarsi un intervento quantomeno di pulizia dalla vegetazione.Il programma era inserito nel ricco cartellone di eventi proposti per Olbia Spring, la settimana del Turismo Attivo promossa dall’Assessorato al Turismo di Marco Balata. I prossimi tre appuntamenti con la Larathanos sono previsti il 5 e 6 maggio in occasione di Monumenti Aperti Olbia 2018.
@Patrizia Anziani Si ringrazia Maurizio Casula per le foto13 December 2024
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