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Pubblicato il 30 June 2024 alle 11:32
Olbia. È piuttosto noto che la pseudoscienza e il complottismo sono inseparabili compari di bisboccia. Secondo la stucchevole tiritera i complottardi studiosi di regime tengono all'oscuro il popolo delle verità che sortirebbero epocali sconvolgimenti economici, culturali, politici, scientifici ecc., i quali poi scalzerebbero i grandi della Terra dai loro troni di potere occulto e onnipresente. In ambito fantarcheologico la storiella si declina nell'occultamento di rivoluzionarie scoperte che, ovviamente e immancabilmente, “riscrivono la storia, perché quella vera non ci viene raccontata”.
Chiunque abbia provato a cercare informazioni in rete sulle statue di Mont'e Prama si sarà imbattuto probabilmente nella spudorata bufala, tuttora pervicacemente riproposta, secondo la quale esse furono tenute nascoste al mondo dalla perfida Soprintendenza di Cagliari per 30 anni, dalla scoperta nel 1974 all'inizio del restauro e ricomposizione nel 2005.
In realtà alcuni dei frammenti più comprensibili furono esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari già nel 1975, nel 1985 furono incrementati con altri, e nel 1990, in occasione del Campionato Mondiale di calcio “Italia 90”, fu organizzata sempre in quel museo un'esposizione temporanea più corposa. Nel 1980 alcuni frammenti furono esposti in mostra addirittura a Karlsruhe in Germania e le foto campeggiavano nel relativo catalogo acquistabile anche in Sardegna. Nel 1985 seguì nel capoluogo lombardo la mostra “Sardegna preistorica. Nuraghi a Milano”, con relativo catalogo, e altre ancora che non elenco. Inoltre, dal 1982 una delle teste faceva bella mostra di sé sulla copertina del volume divulgativo “La civiltà nuragica” a firma di Giovanni Lilliu, spesso presente per svariati anni a seguire, addirittura in vetrina, nelle principali librerie sarde.
È quindi evidente che sia i giornalisti velinari che non verificano le notizie (perché farlo in questo caso, visto che i complotti vendono meglio della banale realtà?) sia gli archeologi da Facebook - i quali tutti dal 2005 ululano allo scandalo e al complotto (seguiti talvolta da personale politico di pessima caratura) - non avevano mai messo piede nel Museo Archeologico di Cagliari, il principale della Sardegna, e nemmeno avevano sfogliato, anche solo guardando le immagini, un qualsiasi volume divulgativo sulla Civiltà Nuragica, ben oltre quelli già citati, ove le statue da allora sono sempre presenti in primo piano. Ah...musei e libri...che noia!
La “scoperta” di Mont'e Prama da parte di costoro, e il conseguente immediato avvio della bufala del complotto, non per caso si datano al 2005 (1974-2005 = i 30 anni dello “scandalo”), quando le due Soprintendenze sarde diedero ampia notizia dell'inizio del lavoro di restauro e ricomposizione di tutti i frammenti da esse promosso, essendo disponibili finalmente fondi e soprattutto spazi, personale e attrezzature adeguati (il Centro di Restauro di beni culturali di Sassari-Li Punti).
La sconfinata presunzione retrostante al ragionamento(?) è palese: se lo ignoravo io, premio Pulitzer isolano o archeologo di genio, può essero solo perché quei delinquenti della Soprintendenza ce le hanno occultate.
In realtà per rendersi conto che fosse una bufala sarebbe stato sufficiente, pur nell'ignoranza dell'esposizione e delle edizioni, comunque ingiustificabile, applicare anche solo un pizzico di logica, esercizio del tutto ignoto nelle sconfinate praterie della pseudoscienza e presso certo giornalismo.
La storia (materia dalla quale i fantarcheologi si tengono ben lontano) insegna infatti che due dei principali parametri sui quali si gioca l'esito di un complotto sono il numero delle persone coinvolte e il tempo che intercorre tra idea e azione. Possono mantenere il segreto per molto tempo solo poche persone o molte persone ma solo per poco tempo, e meglio ancora poche persone per poco tempo. Viceversa, più sono le persone e più è il lasso di tempo tra idea e azione e più è facile che il segreto trapeli. Un paio di veloci esempi. La congiura dei Pisoni, ordita da almeno una quarantina tra senatori e cavalieri e volta all'assassinio di Nerone, fu scoperta appunto perché troppi erano i coinvolti e perché dopo almeno un mese dall'ideazione ancora non avevano agito; la notizia perciò fatalmente trapelò. Al contrario, ebbe successo la strage degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo (si prevedeva l'uccisione di pochi esponenti di spicco del partito ugonotto che tramavano un colpo di stato, ma la cosa scappò di mano finendo in un incontrollabile bagno di sangue, peraltro esagerato dalle fonti) perché tra ideazione e realizzazione passarono non più di 36 ore, e il segreto che vincolava i pochissimi che ne erano a conoscenza (tre membri della famiglia reale, i tre capi del partito cattolico e quattro consiglieri del re, mentre ne furono tenute all'oscuro persino la regina e la sorella del re) fu così ben serbato che ancora dopo 452 anni non sappiamo con certezza il ruolo preciso dei singoli circa l'ultima responsabilità decisionale.
Venendo al complotto dell'occultamento delle statue, sono troppi quelli che avrebbero dovuto osservare la consegna del silenzio assoluto tra personale dello scavo (operai, tecnici, ecc.) e abitanti di Cabras che andavano a vederlo, e chi lungo 30 anni ha avuto accesso ai depositi della Soprintendenza tra custodi, restauratori, fotografi, archeologi esterni, operai esterni per manutenzioni e movimentazioni di colli, ecc. E tutti costoro avrebbero dovuto serbare il segreto, anche con familiari, parenti e amici, per ben 30 anni, svariati di essi persino dopo il pensionamento. E non sul progetto di assassinare un capo di stato, per il quale si rischia la galera, ma su un ritrovamento archeologico. O l'idea che si ha dei depositi delle Soprintendenze è quella, affascinante ma assurda, dell'impenetrabile segretissimo bunker nel quale viene inghiottita l'Arca dell'Alleanza di Indiana Jones?
E sempre applicando un pizzico di logica, visto che (per il delirio dei fantarcheosardisti e per la superficialità dei giornalisti che danno loro credito) la perfida Soprintendenza di Cagliari era riuscita a mantenere impenetrabile per 30 anni il segreto su statue tanto scomode, cosa avrebbe potuto impedire di proseguire sine die nell'occultamento o addirittura di procedere alla distruzione?
Insomma, da qualsiasi parte la si guardi con un minimo di buon senso, la faccenda non funziona: il complotto, oltre a non esser mai esistito, non avrebbe nemmeno mai potuto esistere.
Perciò, cari giornalisti da facile scandalismo, archeologi da smartphone e personale politico di poco valore, piantatela, una buona volta e per tutte, con la sciocca bufala dell'occultamento trentennale delle statue di Mont'e Prama, e vergognatevi di buttare addosso a seri professionisti fango ormai, quello sì, quasi ventennale: la vostra inescusabile ignoranza non può diventare il nostro ridicolo complotto!
Copertina: "Testa di pugilatore" in esposizione al Museo Archeologico di Cagliari fin dal 1977, foto tratta da Giovanna Manca, Pinterest. "Un bosco di statue nuragiche", foto tratta da "Giovanni Maciocco. Abitare il territorio" in mostra al Museo Archeologico di Olbia dal 07-21 luglio 2024. "La civiltà nuragica" volume di Giovanni Lilliu edito da Carlo Delfino editore & C., Sassari 1982.
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